Bonafede & C. il più grande spettacolo dopo il Big Bang

Alessandro Sallusti

Il caso Bonafede, ministro della Giustizia finito nel tritacarne delle guerre tra magistrati, è l’emblema dell’epopea grillina, un mix di incapacità, demagogia, moralismo, giustizialismo, sete di potere e di soldi.

L’altro giorno Antonio Padellaro, giornalista di lungo corso e presidente de Il Fatto Quotidiano, scriveva a proposito della situazione politica: «Vorrei aver visto la faccia di Sallusti quando Berlusconi, senza avvisarlo, ha detto che il governo Conte non deve cadere». Ecco, detto che Berlusconi può dire ciò che crede, io avrei pagato per vedere la faccia di Padellaro quando Travaglio ha scritto, senza avvisarlo, che se un magistrato suo amico (Di Matteo) accusa un politico suo amicissimo (Bonafede) di presunte collusioni con la mafia, che sarà mai, «si tratta solo di un equivoco».

In poche righe, e all’insaputa di Padellaro, Travaglio ha smentito anni di duro lavoro suo e dei suoi giornalisti sguinzagliati a inseguire tutti i teoremi giustizialisti e pistaroli possibili e immaginabili. Ma com’è la storia? Se un killer pentito di mafia, tale Spatuzza (che partecipò al sequestro del bambino sciolto nell’acido), dice di aver sentito dire che Berlusconi è stato amico di un mafioso, significa (…)

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