Di Matteo-Bonafede: mafiosi a casa, una bomba a Cinque Stelle

di GABRIELE CANE’

Come li vogliamo chiamare, in questa drammatica emergenza economica e sanitaria? Effetti collaterali? Il maxi esodo di criminali dalle patrie galere, la rimozione del direttore dei servizi carcerari, e l’esplosiva polemica tra il ministro Bonafede e il giudice Di Matteo, possono essere definiti in vario modo. Il primo fatto, ad esempio, possiamo tranquillamente catalogarlo come un’indecenza.

Che quasi 400 (!) criminali, tra cui 4 super mafiosi, siano andati ai domiciliari per motivi di salute, siano cioè passati dal carcere a Mirabilandia, in una specie di fiume carsico emerso solo grazie alla denuncia giornalistica di Massimo Giletti, conferma che la nostra giustizia è un colabrodo, e che le strutture penitenziarie non sono in condizioni di curare i detenuti. E certifica che il capo delle guardie non è stato in grado di regolare il traffico. Non a caso il direttore del Dap, ci ha lasciato il posto.

Poi, c’è l’aspetto politico. Il ministro ha scaricato il direttore, e questo ci sta. Difficile aspettarsi invece che l’icona della lotta alla mafia, l’immagine venerata nell’ Olimpo dei 5Stelle, Nino Di Matteo, potesse scaricare un’atomica sul “suo” ministro. Tema, la mancata nomina al Dap (2 anni fa) “in concomitanza” con una serie di minacce mafiose. Roba che mina le fondamenta pentastellate, la purezza di un pensiero che sotto altri cieli governativi ci avrebbe affogato in un oceano di indignazione.

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