Sulla Cina troppe ambiguità

di Paolo Mieli

Scrive il New York Times, uno dei quotidiani più ostili a Trump dell’intero pianeta, che la Commissione europea avrebbe attenuato, su pressione dell’autorità di Pechino, un rapporto ufficiale sulle mistificazioni cinesi in tema di diffusione del Coronavirus. In questo rapporto si scriveva che «la Cina continua a condurre una campagna di disinformazione globale per sviare le accuse legate allo scoppio della pandemia». Termini che sarebbero stati modificati con espressioni meno perentorie: «c’è la prova di una pressione coordinata da fonti ufficiali cinesi per sviare le accuse legate allo scoppio della pandemia», recita la versione finale. Parole alle quali, per compensazione, ne sarebbero state aggiunte altre utili a valorizzare le prospettive di buon rapporto tra Cina e Ue. È molto probabile che questo cambio in corsa ci sia davvero stato. Resta comunque il fatto che l’Europa, tramite la piattaforma online preposta alla caccia di fake news (EuVsDisinfo), ha deciso di compiere un passo di grande rilievo per attirare l’attenzione sul caso asiatico.

Per la prima volta dopo molti anni il fronte dei Paesi occidentali si è ricomposto nella richiesta alla Cina di chiarimenti su come è nato e si è poi diffuso il Covid-19. Alcuni come Donald Trump – che peraltro in gennaio aveva pubblicamente apprezzato la correttezza dei cinesi – lo hanno fatto in modo più aggressivo (il procuratore generale del Missouri, Eric Schmitt, ha addirittura avviato un’improbabile azione legale contro Xi Jinping).

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