I viaggi sono pil non dimentichiamolo

Alessandro Sallusti

«Consiglio di aspettare a prenotare le vacanze estive. Per luglio e agosto attualmente nessuno può fare previsioni affidabili».

Con queste poche parole Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, a torto o ragione, ha dato ieri un’altra bella mazzata all’Italia, il cui Pil è sostenuto nella ragguardevole proporzione del 13% dall’industria del turismo, in particolare quello estivo.

Tutti noi siamo abituati a pensare alle vacanze estive come a un fatto personale, a un diritto accessorio marginale e, quindi, facilmente rinunciabile. «La gente muore e tu pensi alle vacanze» è una frase che in queste ore avrebbe anche senso. Ma solo in teoria, in punta di una retorica etica. Ai più sfugge infatti che il settore – oltre a produrre come detto il tredici per cento della ricchezza complessiva – dà lavoro, direttamente e indirettamente, a cinque milioni di cittadini, più o meno un occupato su cinque.

Da tutto ciò si deduce che il problema non riguarda, come potrebbe apparire, i bagnini di Rimini o gli albergatori della Liguria, ma tutti noi, e non solo in quanto vacanzieri più o meno spensierati. Spero che il dottor Colao, commissario straordinario alla Fase 2, abbia ben chiaro questo problema, che per urgenza (la stagione sta per partire, anzi, in tempi normali sarebbe già iniziata) e per dimensioni economiche è assolutamente prioritario.

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