L’errore di non decidere che apre spazi alle mafie

di   Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Caro direttore, non si riesce ancora a comprendere che problemi globali richiedono risposte altrettanto globali. Fare polemica in questo momento è inutile. Anzi è dannoso. Bisognerebbe trascendere la differenza reciproca o le diversità culturali e politiche per concentrarsi sulle cose da fare. Invece, si continua a ironizzare sulle «eccellenze» napoletane o a discutere sugli eurobond che potrebbero finire nelle mani delle mafie, come teme il quotidiano Die Welt.

Le mafie sono un fenomeno con cui bisogna fare i conti. Ma non possono diventare un alibi, quando si tratta di intervenire per fronteggiare una crisi che sembra rievocare quella della Grande Depressione, come osserva il Fondo Monetario Internazionale. Oltre 170 Paesi registreranno quasi sicuramente una riduzione del reddito pro-capite e i settori più colpiti dalla sospensione dell’attività economica e sociale imposta dagli sforzi per contenere il contagio saranno principalmente il commercio al dettaglio, il settore turistico-alberghiero, i trasporti, ma soprattutto la piccola e media impresa.

Le mafie si ritaglieranno spazi solo se si continuerà a discutere, ritardando i tempi di intervento nell’affrontare disagi sociali e difficoltà economiche. In questo momento, servirebbe una riflessione sulla necessità di trattenere nel presente qualcosa di significativo del passato. E il passato ci insegna molte cose, che forse è il caso di ricordare a chi ha la memoria corta o a chi non ha letto i libri di storia. Dopo il terremoto del 1908, le leggi sulla ricostruzione di Reggio Calabria e Messina hanno finito per incattivire gli scontri «intorno alla distribuzione e all’uso del denaro pubblico» vivacizzati da una nuova presenza: quella degli ’ndranghetisti che avevano fatto i soldi negli Stati Uniti e che, approfittando dei ritardi e delle incertezze dei provvedimenti governativi, si erano messi a prestare soldi a usura.

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