Coronavirus, perché ricominci la vita

di Walter Veltroni

Non c’è solo un picco, in questa incredibile storia. Ce ne sono almeno due. Il primo è quello che si attende di valicare presto. Quello dell’evoluzione dell’epidemia. Abbiamo avuto un numero di morti intollerabile e siamo stati impiastrati da una bava di dolore che ha riguardato centinaia di migliaia di persone. Persone che hanno sofferto direttamente o visto soffrire chi amavano, che poi è lo stesso. Quei morti — ma quanti sono davvero? — se ne sono andati in solitudine, senza il conforto di una mano che non fosse quella del medico o dell’infermiere che, col cuore schiantato, in quel momento erano figli, mogli, mariti, amici di persone sconosciute.

Erano anziani, ci si è detto, quasi per tranquillizzarci. Come se gli anziani fossero dei telefonini desueti. Oggetti da rottamare.

Questa società presentista, priva di memoria e di umiltà, incapace di riannodare i fili con la sua storia, ha mostrato in questa crisi un grado elevato di spietatezza: basti pensare alle parole di Boris Johnson sui «cari» che si sarebbero persi. Noi contiamo diecimila morti, un terzo delle vittime nel mondo. Diecimila persone. Non importa di quale età. Non importa se fossero in una casa di riposo o nel pieno delle attività. Abbiamo perso diecimila italiani, in questa battaglia. Sono tre volte i morti delle torri gemelle, cinquanta volte quelli degli anni di fiele del terrorismo. E nessuno ha il diritto di dimenticarlo, mai.

Consultiamo ogni sera alle 18 il bollettino dei nostri comandanti in campo.Ponderiamo le curve dei numeri e sorridiamo, è giusto farlo, se registriamo «una riduzione dell’incremento». Ci accontentiamo di poco e pendiamo dalle labbra di professori e di scienziati che, dopo un tempo zuzzerellone di contestazione beffarda del sapere e delle competenze, sono il nostro riconosciuto nocchiero in questo mare nero. Nero, come quello finto del Casanova di Fellini. Lo passeremo, prima o poi, quel colle. Quella curva si farà piatta e poi comincerà a scendere. Perché non esserne certi? Ha cominciato a farlo. E per questo dobbiamo restare in casa, ancora.

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