Coronavirus, Carlos e i medici cubani a Crema: «Resteremo finché avrete bisogno»

di Beppe Severgnini

I quattro pulmini bianchi arrivano incolonnati nel parcheggio dell’albergo vicino al fiume Serio, e tutti scendono. Da lontano sembra una gita scolastica, se non fosse per il silenzio, le mascherine, i camici di qualcuno, i saluti col gomito. La brigata medica «Henry Reeve», arrivata da Cuba, comprende un responsabile della logistica e 35 medici, di cui 23 specialisti in medicina generale, 3 pneumologi, 3 specialisti in terapia intensiva, 3 infettivologi e 3 specialisti dell’emergenza. Con loro, 15 infermieri, di cui 7 intensivisti. Hanno trascorso la mattina all’Ospedale Maggiore di Crema e nel nuovo ospedale da campo, che il 3° Reparto Sanità «Milano» ha appena finito di montare e attrezzare. Hanno visitato i reparti, conosciuto i colleghi. Guida il gruppo il dottor Carlos Ricardo Pérez Diaz. Un’aria da quarantenne studioso, una giacca a vento nera troppo grande, una di quelle che i negozi di abbigliamento di Crema, coinvolti via Facebook dal sindaco Stefania Bonaldi, hanno regalato agli ospiti cubani, arrivati con abiti leggeri. Ci sediamo, l’intervistato stabilisce le distanze («Un metro y medio»), abbassiamo le mascherine. Sabrina Grilli, reporter cremasca dell’emittente Cremona1, accende la telecamera (il video su Corriere TV).

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