Coronavirus, smartworking obbligatorio per tutti ma ad 11 milioni di italiani manca la connessione

di Milena Gabanelli e Rita Querzè

Prima dell’emergenza Coronavirus a lavorare da casa in Italia erano in 570 mila, il 2% dei dipendenti, contro il 20,2 % del Regno Unito, il 16,6% della Francia e l’8,6% della Germania. Poi è esplosa la pandemia e in due settimane, ci comunica il Ministero del Lavoro, 554.754 lavoratori sono stati mandati a lavorare da casa. Numeri che crescono di giorno in giorno: i maggiori operatori telefonici segnalano che il traffico dati sulle linee fisse è aumentato in media del 20% con picchi del 50%. È il più grande esperimento di lavoro a distanza mai attuato nel nostro Paese.

Telelavoro, smartworking e lavoro agile

Secondo i consulenti del lavoro, i dipendenti che non svolgono mansioni manuali o a contatto con il pubblico e che quindi possono lavorare da casa sono 8,2 milioni. La nostra normativa prevede e regolamenta due possibilità: lo smartworking, detto anche «lavoro agile», oppure il telelavoro. Nel primo caso scegli i giorni in cui non vai in ufficio, lavori da dove vuoi, e devi produrre un certo risultato in un dato tempo. In sostanza ti consente per esempio di svolgere le tue mansioni da casa se un giorno hai il figlio malato e non puoi lasciarlo solo. Il telelavoro è invece una scelta che si fa all’origine: lavori sempre da casa e devi essere connesso durante tutto l’orario d’ufficio. Ha poco successo perché il datore di lavoro ti deve dotare di computer e fare una serie di verifiche sui requisiti dell’abitazione, e alla fine viene utilizzato solo nei casi di disabilità o lontananza del luogo di lavoro. Oggi l’emergenza ha costretto buona parte dei lavoratori a passare tutti rapidamente in smartworking, ma in realtà è un telelavoro. Per entrambe le modalità le aziende devono avere un server abilitato per le connessioni esterne, ovvero un sistema che attraverso password e autentificazioni consenta di accedere al desktop dell’ufficio e dialogare con i file dell’azienda. Insomma stiamo affrontando un mega test che fa i conti con l’arretratezza tecnologica di tante aziende e un problema su tutti: in molte parti del Paese la connessione non tiene o non c’è.

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