Coronavirus, l’infettivologo Rezza (Iss): «Troppi giovani in giro, da incoscienti»

di Margherita De Bac

Coronavirus, l'infettivologo Rezza (Iss): «Troppi giovani in giro, da incoscienti»

«Più dei provvedimenti del governo contano i comportamenti individuali. La gente non ha capito quanto sta rischiando». Non è tranquillo Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

Quale può essere il tempo di risposta delle strategie messe in campo?

«Credo che gli effetti dei provvedimenti presi in questi giorni non li vedremo in modo definito prima di un mese nelle zone pesantemente infette. Però qualche segnale positivo in Lombardia si intravvede ed è incoraggiante».

E da Roma in giù?

«Se le misure venissero applicate con veemenza e tempestività e con un’attenta azione di quarantena il virus potrebbe essere almeno rallentato per dare tempo ai servizi sanitari di organizzarsi e non andare in tilt con una grande affluenza di malati. Occorre una mobilitazione straordinaria».

I romani la stanno prendendo alla leggera?

«Non hanno ben capito che il virus circola. Le catene di trasmissione sono ancora piccole e bisogna limitarle subito per prevenire il patatrac capitato a Codogno, a sorpresa, quando si credeva che il virus non circolasse. Qui però abbiamo un vantaggio. Siamo stati avvertiti. Vedo tanti giovani girare per la strada. Apericena, locali, movida, baci, abbracci. Non è in gioco la loro salute ma quella di genitori, nonni, zie. Se non vogliono essere responsabili nei confronti della collettività, che lo siano almeno per proteggere la famiglia. È da incoscienti stare liberamente in mezzo alla gente. Lo stesso vale per francesi e tedeschi. Mi sembra che non abbiano inteso a cosa stanno andando incontro».

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