Coronavirus, Conte e l’incubo recessione: “Dobbiamo fermare il panico”. E chiede alla Rai toni più bassi

di ANNALISA CUZZOCREA e GIOVANNA VITALE

È il momento di abbassare i toni, dobbiamo fermare il panico”. Giuseppe Conte è nella sede della Protezione civile di Roma con a fianco il commissario per il coronavirus Angelo Borrelli e tutti i ministri. Collegati in teleconferenza ci sono i governatori, invitati a coordinarsi con il governo, ma senza i toni perentori del giorno prima. Perché a spaventare adesso, insieme al rischio di un’emergenza sanitaria, sono le conseguenze della paura incontrollata sul sistema Paese. Tanto che da Chigi è partita una telefonata alla Rai: “Basta allarmismi”. E che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha preparato un piano “contro le fake news su di noi nel resto del mondo”.

Il danno economico delle chiusure imposte nell’area colpita e le cautele estese a tutt’Italia (l’annullamento di convegni, fiere, eventi pubblici, gite scolastiche) è già difficile da calcolare. Ma unito a quello delle misure ingiustificate stabilite da altri Stati, e al serpeggiare della paura nella vita quotidiana di milioni di cittadini, potrebbe mettere in ginocchio il Paese rendendo ancora più complicata la gestione della crisi. I report economici arrivati sul tavolo del governo sono impietosi. Prevedono una nuova recessione e ricordano che le province colpite (Pavia, Lodi, Cremona e Milano) valgono il 12% del pil italiano e il 2% di quello dell’eurozona. “Solo nella zona rossa – spiega un ministro – ci sono 63 aziende medio grandi, senza contare negozi ed esercizi commerciali, con oltre 4000 occupati e 1,7 miliardi di fatturato nel 2019. Intervenire in modo drastico è stato fondamentale, ma dobbiamo fare attenzione affinché tutte le misure siano proporzionate e non controproducenti”.

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