Sulle istituzioni Matteo Salvini ha già perso 2 a 0

Michele Ainis

Un referendum viene, l’altro va. Sì alla consultazione sul taglio dei parlamentari, no al quesito sulla legge elettorale. Siccome in entrambi i casi la spinta propulsiva era pervenuta dalla Lega, potremmo desumerne che il match si chiude in pareggio. Errore: sul piano politico, il partito di Salvini incassa una sconfitta per 2 a 0. Quanto alle conseguenze per le nostre istituzioni, ci vorrà tempo per misurarne il peso. Ma a occhio, ne escono tutte un po’ ammaccate: bilancio negativo per il referendum come strumento di democrazia diretta, per le riforme costituzionali, per la stessa legge elettorale.

Perché la Lega perde la partita? Per un eccesso di furbizia, mettiamola così. Troppa tattica, poca strategia. Quando un gruppo di senatori ritirò la firma sul referendum costituzionale, alla vigilia dell’ultimo giorno utile (12 gennaio), è arrivato il soccorso verde dei leghisti. Con un messaggio implicito alle anime perse del nostro Parlamento: fate cadere il governo Conte adesso, prima che si consumi il referendum; solo così resteranno mille posti in tavola alle prossime elezioni, anziché 600. Insomma, un delitto perfetto per uccidere la XVIII legislatura. Invece ne ha allungato la vita. Giacché a questo punto difficilmente Mattarella può concedere il voto anticipato: rischieremmo un Parlamento delegittimato subito dopo le elezioni, per effetto del referendum che abolisce 345 parlamentari appena eletti.

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