L’alleanza di governo e il paradosso dei 5 Stelle

Cosa è accaduto? È accaduto che venendo a nazionalizzare una campagna regionale Salvini non ha capito che ciò avrebbe spinto dall’altra parte gli elettori incerti, ossia quelli che decidono davvero delle vittorie e delle sconfitte. Succede sempre così: arriva un leader «da fuori», stringe migliaia di mani, si convince che sta vincendo.

Peccato che le mani che stringe siano quelle di elettori già in partenza convinti di votare per il suo partito. Invece, non riesce nemmeno a «scorgere», a vedere da lontano gli elettori incerti, non si rende conto di quale siano gli effetti dei suoi messaggi su di loro. È stato un errore madornale, ad esempio, da parte dei leghisti attaccare i governanti regionali uscenti sulla sanità (una delle meglio amministrate del Paese). Hanno solo ottenuto l’effetto di spaventare tutti quegli elettori che, sapendo come stanno davvero le cose, non vogliono cambiamenti nel settore. Avrebbero invece dovuto dire: noi non muteremo una virgola di tutto ciò che funziona bene (come appunto la sanità). Vogliamo invece creare altrove discontinuità. In particolare vogliamo colpire quelle incrostazioni di potere che si formano inevitabilmente laddove un gruppo politico governa senza ricambio da tanti decenni. Avrebbero dovuto fare, insomma, una campagna rassicurante. Hanno spaventato gli elettori incerti. Zingaretti (con un riflesso politicista a mio parere) si è affrettato a ringraziare le cosiddette sardine. Al suo posto avrei invece ringraziato gli elettori inizialmente incerti (quelli che, ancora poche settimane fa, non sapevano per chi votare né se avrebbero votato). Quale sia stato il reale contributo delle sardine è ancora da dimostrare. Resta però che effettivamente l’Emilia-Romagna è diventata contendibile e il Pd farebbe un errore se pensasse che nulla è cambiato, che tutto è come prima.

Vengo al secondo punto. La crisi di rappresentanza. Va detto che la tesi di leghisti e Fratelli d’Italia (Forza Italia è più prudente) secondo cui bisogna dare «la voce al popolo» perché i sondaggi la danno vincente, è solo una «normale» tesi di comodo dell’opposizione. Si finge che le intenzioni di voto espresse nei sondaggi e i voti veri siano la stessa cosa. Non è così. Spesso il sondaggio dice una cosa e le elezioni una cosa diversa. Non perché i sondaggi non siano fatti bene ma perché le persone, con frequenza, cambiano idea.

La crisi di rappresentanza consiste in altro. Consiste nel fatto che al momento c’è un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare nella quale il primo partito (non alla luce di sondaggi ma di elezioni vere, europee e regionali) si sta elettoralmente liquefacendo. Eppure le politiche di quel governo continuano, e continueranno per tutta la legislatura, ad essere decise soprattutto dai Cinque Stelle. L’idea che circola secondo cui il Pd si sarebbe rafforzato anche a Roma in virtù dei risultati regionali (in Calabria ha perso la presidenza ma è comunque il primo partito) è valida solo fino a un certo punto. L’azione di governo, di qualunque governo, è (ovviamente: ma pare che per molti non sia così ovvio) condizionata soprattutto dal socio di maggioranza. Nel nostro caso, ora come prima, i Cinque Stelle. Nel frattempo però la loro politica è stata sconfessata. Ad esempio, il risultato calabrese dice tutto ciò che c’è da dire sul giudizio degli italiani sul reddito di cittadinanza. Ma prendiamo anche il caso della legge sulla prescrizione. Probabilmente, la schiacciante maggioranza dei parlamentari democratici non condivide la legge voluta dal guardasigilli e dal suo partito, la ritiene pessima. Ma ciò nonostante i rapporti di forza continuano a pendere, e continueranno a pendere, a favore dei grillini.

Una forbice così forte fra gli orientamenti di un Paese che ha voltato le spalle ai Cinque Stelle e un governo che ne è espressione potrebbe alla lunga logorare anche il Pd. È uscito bene dalle regionali, certamente, ma è pur sempre coinvolto in un governo con un partner di maggioranza che non incontra più i favori degli elettori. Naturalmente, il rospo potrebbe diventare un principe, i Cinque Stelle potrebbero dichiarare la resa incondizionata, trasformarsi, nonostante la maggioranza numerica, in una «costola di sinistra» del Pd, prona ai suoi voleri. In politica qualunque metamorfosi, anche la più bizzarra, è possibile. Ma non significa che sia anche probabile.

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