LA «MANO LIBERA» NUCLEARE I RISCHI DELLA RISPOSTA IRANIANA

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di   Franco Venturini |

Dopo l’uccisione di Qassem Soleimani, mentre gli Usa e l’Iran erano impegnati nell’escalation delle loro reciproche minacce, un unico grido si è levato dal resto del mondo: attenti alla guerra per contagio, attenti a non provocare un incendio globale. Più che giusto, ma forse è tardi. Perché i contagi ci sono già. Il primo, il più grave, è stato sancito domenica sera dall’Iran con l’annuncio che Teheran non accetterà più limitazioni ai suoi programmi nucleari. L’arricchimento dell’uranio, il numero e il modello delle centrifughe, la quantità di uranio arricchito e conservato, la ricerca, tutto obbedirà soltanto alle «necessità tecniche» dell’Iran (che nega di volersi dotare di armamenti atomici, senza però convincere la comunità internazionale). Va chiarito che un ulteriore passo iraniano per rispondere all’uscita di Trump nel 2018 dagli accordi di Vienna firmati da Obama nel 2015, era previsto per la prima settimana di gennaio sin dallo scorso novembre. Ma la radicale scelta di Teheran, che di fatto finisce di smantellare le intese anti-nucleari di Vienna già agonizzanti dopo il ripudio di Trump e l’incapacità europea a porvi rimedio, non può non essere stata influenzata dalla uccisione di Soleimani e dal clima di furore nazionalista che ha accompagnato le sue esequie.

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