Il mistero del Pd abbindolato dai grillini sull’orlo del crac

Augusto Minzolini

P aradosso. La crisi del Movimento 5 Stelle è verticale, ineluttabile. Parlamentari che vanno verso la Lega, verso il misto, verso Italia Viva. E la radiografia diventa ancora più spietata per un soggetto politico nato contro la casta, se si pensa che le ragioni – lo teorizza pure Di Maio – alla base ) dei sommovimenti interni, delle migrazioni o, addirittura, di una possibile scissione, sono le poltrone (di governo o di partito poco importa) perse o promesse ma non ricevute; o, ancora, i contributi non versati dai parlamentari grillini al partito o a quel surrogato di partito che è la Casaleggio Associati.

Per cui Gianluigi Paragone viene espulso e se ne va al gruppo misto portandosi dietro forse due senatori. E si becca anche la solidarietà polemica verso il movimento da parte di uno dei leader storici, Alessandro Di Battista, a cui Giggino Di Maio, a sentire l’inner circle molto inner del ministro degli Esteri, aveva pensato addirittura di dare il ministero della Pubblica istruzione, ipotesi poi svanita in un bagno di realpolitik. «Mi sarei sentito una merda a non difendere Paragone visto che su molti punti la pensiamo allo stesso modo», ha confidato ieri agli amici Di Battista, per cui alla macchina del consenso grillina non è rimasto altro, per rassicurare i militanti, che raccontare la storiella che la presa di posizione del Dibba fosse solo un fake. Siamo, quindi, al fake su fake.

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