Usa-Iran, ma Trump ha un piano? Le 4 domande chiave dopo l’uccisione di Soleimani

2) Come influirà la morte di Soleimani sull’assetto di potere interno?
Il suo ruolo era di importanza gigantesca: comandava le Guardie della Rivoluzione da 22 anni ed era dato perfino tra i possibili successori di Khamenei come Guida Suprema. C’era lui dietro tutte le scelte decisive, dalla destabilizzazione dell’Iraq dopo l’invasione Usa al salvataggio di Assad in Siria. E Khamenei ha continuato a sostenerlo anche dopo i colpi a vuoto: l’impossibilità di creare basi stabili in Siria per via degli attacchi israeliani e le manifestazioni popolari che (come la fazione legata al presidente Rouhani) chiedevano di investire nelle riforme anziché nelle guerre. Senza Soleimani, «l’Iran potrebbe per una volta calcolare male la sua risposta e andare a una guerra totale. Ma se le conseguenze sono contenute, c’è anche la speranza che cominci a limitare le sue ambizioni regionali».

3) Qual è l’obiettivo di Trump?
Difficile decifrare la strategia del presidente, che è passato dalla denuncia del trattato sul nucleare iraniano alla richiesta (respinta) di un incontro con Rouhani, dall’annuncio del ritiro dalla Siria a un cambio di 180 gradi con il dispiegamento di combat troops, gli attacchi alle milizie filo iraniane e l’uccisione di Soleimani. Il generale poteva essere eliminato anche in passato, ma l’America aveva perfino collaborato con lui in funzione anti Isis e anti Al Qaeda. È possibile che il presidente abbia colto in modo estemporaneo la possibilità di colpire un obiettivo di cui, anche nella distrazione con cui segue i briefing, ha capito la grandezza. Forse gli serve per la campagna elettorale. Forse si prepara alla guerra.

4) Qualcuno nell’amministrazione ha un piano?
Fino a quattro mesi fa Trump era circondato da falchi nel National Security Council, poi ha licenziato John Bolton. Ora attorno a lui «c’è a malapena uno scheletro di staff professionale e soprattutto un gruppo di adulatori». Ha ancora le migliori forze armate e la migliore intelligence del pianeta, «ma nessuno capace di pensiero strategico». Potrebbe quindi infilarsi in una guerra feroce senza un piano. L’America è mille volte più potente «ma l’Iran, dal 1979, si è dimostrato in grado di sfruttare ogni esitazione, ogni errore e ogni vuoto temporaneo da parte delle amministrazioni Usa». Per questo siamo nel regno dell’imprevedibile. «Un presidente vanaglorioso e una leadership iraniana che ha perso il suo esponente più saggio — entrambi in lotta per sopravvivere — si affrontano sull’orlo del precipizio».

CORRIERE.IT

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