Noi, l’Unione Europea e le sfide degli anni venti

di Mario Monti

Illustrazione di Doriano Solinas

L’Europa e l’Italia, superati i pericoli che incombevano su di loro nel 2019, entrano negli Anni Venti con giustificato sollievo. Ma devono entrambe guardarsi dal tornare al business as usual. Se negli Stati membri dell’Unione europea la politica non diventerà più responsabile, la Ue diventerà il vaso di coccio tra le grandi potenze. Nel nostro Paese questo scatto di serietà è particolarmente necessario e urgente; se non avverrà, l’Italia è destinata ad essere il ventre molle del vaso di coccio. A livello europeo, le elezioni di maggio al Parlamento — con le successive nomine di David Sassoli, Charles Michel e Ursula von der Leyen alle presidenze del Parlamento, del Consiglio e della Commissione — hanno sì registrato un’avanzata dei sovranismi nazionali, ma hanno conservato nelle mani delle famiglie politiche pro-europee gran parte del potere di decisione. Inoltre, la presidente von der Leyen ha impresso nuovo vigore alla Commissione, per sua natura il motore dell’integrazione europea. Scampato pericolo, dunque? È troppo presto per dirlo. La mancata vittoria sovranista ha fatto venire meno, almeno per ora, la minaccia di un blocco o addirittura di un regresso nella costruzione europea.

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