La tattica del rinvio per paura

di Massimo Franco

Un governo nato per recuperare il dialogo con l’Europa e le sue istituzioni, che indice vertici per disdire o rinviare gli impegni già presi, come minimo trasmette un’immagine sfuocata e confusa. Almeno, è questa l’impressione inevitabile che si condanna a dare all’opinione pubblica e agli alleati continentali. Se poi si dovesse spiegare a Bruxelles che tutto è legato all’esistenza di un Movimento Cinque Stelle spaventato dal proprio declino e convinto di esorcizzarlo ritornando alle suggestioni antisistema, difficilmente si potrebbe trovare comprensione.

Anche perché si tratta della formazione di maggioranza relativa: il perno orgoglioso e fluttuante delle coalizioni partorite dalle elezioni del 2018. Prima con la Lega, adesso con il Pd e le appendici di Leu e Iv, il Movimento di Beppe Grillo condiziona pesantemente le scelte dei governi. E, da quando si è accorto che gli elettori lo stanno abbandonando, scarica sugli esecutivi e gli alleati la sua sindrome della disfatta.

Non si può proprio invidiare il premier Giuseppe Conte. Ritrovarsi questa sera a pilotare l’ennesimo vertice di maggioranza verso un compromesso al ribasso,
se non peggio, significherebbe certificare una volta di più la volubilità patologica dei «movimenti» 5 Stelle che convivono nella coalizione. Declinarli al plurale è obbligatorio. Non si può spiegare altrimenti l’oscillazione tra pulsioni agli antipodi.

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