Il senso di un voto

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di   Ernesto Galli della Loggia

La Prima Repubblica non è finita il 27 marzo 1994 con la vittoria di Silvio Berlusconi: è finita domenica sera a Perugia. Finisce adesso. Perché solo adesso, solo domenica sera, sembra essersi esaurita ogni possibilità di sopravvivenza e di adattamento di ciò che in un modo o nell’altro apparteneva ancora al passato. Solo adesso c’è una rottura autentica: in fondo il Cavaliere e Forza Italia non appartenevano forse per almeno tre quarti ancora al mondo di ieri? al mondo di Craxi e della Dc? non si costruirono in buona parte politicamente con personale e materiali del periodo precedente? Oggi solo, invece, sembra iniziare qualcosa di realmente nuovo.

È con il voto umbro, infatti, tanto per cominciare che Forza Italia è consegnata alla storia una volta per sempre. È altresì sempre con il voto umbro che sembra definitivamente tramontata ogni possibilità di rivitalizzare quel blocco cattolico-postcomunista, erede della vecchia accoppiata Dc-Pci, il quale era riuscito a tenere il campo da Mani pulite ad oggi e perfino a governare a lungo. Anche tale schieramento appare oggi definitivamente fuori gioco. L’elettorato della sinistra-centro sembra essersi ormai ridotto al solo zoccolo puramente ideologico e/o clientelare, mentre sempre più latita il consenso di un forte elettorato d’opinione. D’altro canto sembra ormai accertata l’inconsistenza di ogni capacità di richiamo politico di segno cattolico-democratico, nonostante l’impegno diretto della Chiesa come è successo in Umbria domenica.

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