La macchina della verità umbra

A voler essere un po’ pedanti, verrebbe da dire che, se questo doveva essere l’esito, inevitabile secondo la logica, tanto valeva scattare la foto di Narni qualche settimana prima, e non all’ultimo momento. Magari conducendo una campagna più unitaria e appassionata, sin dall’inizio: se c’è un candidato comune e una sfida comune, logica dice che non hanno senso campagne separate. Anche perché l’impatto del risultato sarà comune, nel senso che riguarderà l’alleanza nel suo complesso, al suo primo test nel paese reale. C’è poco da fare, ogni voto è sempre un voto politico, come si insegnava ai tempi in cui la politica era razionale. In fondo è quel che con grande generosità ha sostenuto, sin dall’inizio, il segretario del Pd cresciuto in un partito (molto serio) in cui si discuteva per giorni anche della sconfitta a Castellammare di Stabia. E cioè che “le battaglie giuste si combattono tutte”, anche quando è complicato vincerle e il leader, se sono tali, non possono sottrarsi. Gli altri, forse per un deficit formativo, si sono svegliati tardi, evidentemente solo dopo che le ultime rilevazioni hanno suggerito di andare a caccia di indecisi, chissà.

Sia come sia, la foto c’è, dopo che il premier, nei giorni scorsi, aveva banalizzato l’appuntamento elettorale paragonando l’Umbria, per numero di abitanti, alla provincia di Lecce. Un modo, non particolarmente felice, per sostenere che l’esito del voto sarebbe stato irrilevante. E non è banale il fatto che quella foto sia, in assoluto, la prima immagine con tutti i leader (tranne Renzi, ma su questo torneremo), dalla nascita del governo gialloverde, finora accompagnata da una certa timidezza nel mostrarsi assieme rispetto alla disinibita e ostentata complicità tra Salvini e Di Maio, nella precedente esperienza.

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