Manovra 2020, mancano risorse: si stringe sulla Web tax

di ANTONIO TROISE

Roma, 23 ottobre 2019 – È la volta buona? Chissà. Sarà un caso ma la “Web Tax”, appena annunciata dal governo, è stata subito spostata dal decreto fiscale alla legge di bilancio. Nel primo caso sarebbe entrata in vigore subito. Ora bisognerà attendere l’approvazione della manovra, a dicembre. Niente di grave, per carità, considerando è che da almeno tre anni che l’Italia vorrebbe tassare i giganti del Web, da Google ad Amazon fino a Facebook, multinazionali che macinano utili miliardari e pagano imposte da bottega artigiana.

Finora hanno sempre scampato il pericolo, grazie alla potenza di fuoco delle rispettive lobby. Tanto che in Italia, giusto per restare dalle nostre parti, il tentativo degli ultimi due governi di tassare i colossi della rete si è infranto sul muro di gomma delle procedure burocratiche. Risultato: l’imposta non è mai partita perché nessuno è riuscito a scrivere uno straccio di decreto attuativo. Il vento, però, negli ultimi mesi sta cambiando. Ieri Confesercenti è tornata all’attacco: «L’evasione si combatte facendo pagare i giganti del web», ha detto la presidente Patrizia De Luise, nel corso dell’assemblea dell’associazione.

Al ministero dell’Economia, per bruciare i tempi ed evitare brutte sorprese, hanno deciso di copiare la ‘Gafe Tax’ dei francesi. Dal 2020 dovrebbe scattare anche in Italia un’imposta del 3% sui ricavi delle imprese digitali con fatturati superiori ai 750 milioni o con un valore della prestazioni di servizi digitali superiori ai 5,5 milioni.

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