La maledizione dei due Matteo

Tolto un Matteo, si ritrova a fare i conti con un altro Matteo. E mai come in questo caso per l’avvocato Giuseppe Conte, devoto di Padre Pio, vale il proverbio: dagli amici mi guardi iddio, che dai nemici mi guardo io. Si tratta insomma della maledizione dei Matteo. Messo all’angolo quello del Papeete, che strillava e bloccava le navi nel mediterraneo con centinaia di vite umane, eccolo l’altro Matteo, che nel curriculum vitae può vantare un sano e robusto moderatismo condito da riformismo, ma non riesce certo a trattenersi e a rispettare gli alleati di governo. E allora si ricomincia con uno scontro già visto: Conte versus Matteo. Ma questa volta, come dicevamo,  Matteo non è Salvini, ma fa di cognome Renzi e fino a poche settimana fa sedeva nei banchi del Partito democratico. Anzi, è stato due volte segretario dei democratici, ed è stato lui spingere affinché nascesse l’esecutivo giallorosé. Eppure, nel giorno del giuramento dei sottosegretari ha deciso di lasciare il Nazareno, e di far nascere Italia Viva.  

Da quel dì, appunto, è stato un crescendo fino ad arrivare a stamane quando il presidente del Consiglio si è ritrovato in prima pagina sul Corriere una lettera a firma Renzi che nei fatti bombardava l’esecutivo e Palazzo Chigi: “Non è pensabile – verga Renzi – che per far diminuire il cuneo fiscale si voglia aumentare l’Iva. Sarebbe un autogol. Bene hanno fatto i nostri rappresentanti a opporsi con tutte le loro forze”. Quando legge l’intervista il premier sta preparando la sua trasferta odierna ad Assisi, per le celebrazioni di San Francesco, patrono d’Italia.

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