Due Italie inquietanti

Le due Italie che domineranno la nostra vita e la vicenda politica del nostro paese nei prossimi mesi, si sono palesate.

Da una parte quella vocale, arrabbiata, della Pontida di Salvini. Dall’altra quella dei retroscena stampa, dei tweet, delle lettere con cui si fa sentire l’appena formato governo. La prima è sudata, scomposta, realissima nella sua protesta. L’altra è accorta, cerebrale, incorporea, avvolta intorno a strategie. Entrambe sono inquietanti per il loro intreccio, oltre che per la loro differenza. Dire infatti che è in questa morsa che vivremo nei prossimi mesi è tutt’altro che una esagerazione. Alla sua prima ‘conta’ popolare Matteo Salvini gioca in casa. Il pratone di Pontida è pieno ogni anno, ma questa volta è il pubblico delle grandi occasioni, per numero e tensione. Il leader ha dato il meglio che poteva, e forse quello che poteva era ancora condizionato dal trauma della “cacciata” dal governo, e la lingua batte infatti dove c’è ancora dolore, con la tirata contro il premier traditore, i 5 stelle e Pd poltronari.

Ma attenti a non vedere anche il cambio di passo. Ancora affaticato, rintronato forse, Salvini ripesca e rilancia a Pontida la parola d’ordine originaria del primo leghismo, che fece tanta paura allora e dovrebbe certo farne ancora adesso: “Disobbedienza”. Quella bandiera contro le leggi dello Stato costruite a Roma, con cui il Bossi della prima ora tenne sul filo le istituzioni nella prima parte della seconda Repubblica, con una determinazione che non esitò a declinare in un “prenderemo i fucili” pur di ottenere la secessione. Salvini a Pontida non abbraccia una linea radicale. Il suo è un “useremo tutti gli strumenti che la democrazia mette a disposizione”, ma l’appello alla disobbedienza è articolato lungo tutta la linea istituzionale.

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