I paletti del Colle su Economia e Viminale

Massimiliano Scafi

Roma – Suspence, attesa. Pure un filo di irritazione per il ritardo del verdetto della piattaforma Rousseau, una consultazione privata di poche migliaia di persone che blocca per ore la macchina istituzionale.

Ma poi arriva il sì, con largo margine, quasi un piccolo plebiscito della base grillina, arrivano le parole di Luigi Di Maio e del Pd, e al Quirinale possono dare il via all’operazione governo. Giuseppe Conte avrà un’altra notte di tempo per completare la squadra prima di salire stamattina con la lista dei ministri, da concordare con il presidente, e sciogliere la riserva. Nel pomeriggio o domani il giuramento, giovedì o venerdì la fiducia: poi i giallo rossi potranno partire.

L’ultima mediazione, a questo punto, è quella con il Colle, che già da un paio di settimane ha fatto capire che ci sarà una «particolare attenzione», un faro acceso su alcuni ministeri chiave. Un prefetto al Viminale, un economista in via Venti Settembre, questi dovrebbero essere i paletti di Sergio Mattarella. Dopo la gestione sopra le righe di Matteo Salvini, il capo dello Stato non ritiene opportuno che l’Interno sia gestito da un leader di partito. Per quell’incarico serve una figura istituzionale, non troppo di parte, di cui si possano fidare anche gli avversari politici. Un posto dove si lavora molto e si appare poco: Luigi Di Maio insomma lì non andrebbe bene. Infatti per il capo politico dei 5s, che comunque pretende un dicastero di peso, sembra pronta la Farnesina. Beninteso, non è certo il profilo ideale dal punto di vista del Colle, che tra le feluche avrebbe preferito una personalità più robusta e esperta a livello internazionale, però insomma, non si farà una battaglia per questo.

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