Il voto su Rousseau, viatico anomalo a una decisione già presa

di Massimo Franco

La democrazia diretta in versione piattaforma Rousseau asseconda con un plebiscito extraparlamentare il nuovo governo di Giuseppe Conte. Ma lascia un’ombra sul modo di intendere il ruolo del Parlamento e delle istituzioni da parte del Movimento Cinque Stelle: non tanto per lo strumento in sé, ma per la tempistica. La prospettiva che il «no» espresso di una minoranza di militanti potesse complicare la formazione dell’esecutivo col Pd già passato al vaglio del Quirinale è un precedente che finisce per sottolineare l’anomalia grillina.

Il risultato era quasi scontato, sebbene Luigi Di Maio e altri dirigenti abbiano cercato fino all’ultimo di presentarlo come incerto: al punto che il vicepremier uscente non ha voluto rivelare come aveva votato.

Il sospetto è che la consultazione sia stata utilizzata come strumento di pressione: sulle scelte di Conte, tra le fazioni del M5S, e sul Pd. Ma al fondo, a dominare è stata la paura del Movimento di dovere affrontare elezioni anticipate da brivido. Questo epilogo avrebbe falcidiato deputati e senatori grillini; e probabilmente consegnato il Paese alla destra euro-fobica dell’ex alleato Matteo Salvini, capo della Lega, che ha aperto la crisi. Con quasi l’80 per cento di sì, espressi da 79 mila 634 iscritti, il tentativo di Conte riceve invece la controversa legittimazione finale.

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