Si farà, anche col muso di Di Maio

C’è un elemento quasi da commedia dell’arte in questo gioco di maschere e di spartiti. Prima la drammatizzazione col presidente del Consiglio che sale al Colle, facendo spifferare che potrebbe rimettere il mandato. Spiegano che lo ha fatto come strumento di pressione per piegare le resistenze dell’indomito Di Maio, aggrappato alla poltrona costi quel che costi. Poi l’ottimismo, alla fine della riunione sul programma, con tutti che dichiarano che è cosa fatta, dopo due ore di cenni sull’universo. Tale è: innominata la parola Tav, la parola giustizia, la Gronda e sul decreto sicurezza si concorda che, ovviamente, saranno recepite le indicazioni del Colle, ma non che saranno bruciati in pubblica piazza i testi del governo gialloverde con cui Salvini ha chiuso i mari. E, come d’incanto, spariscono gli irrinunciabili dieci punti Di Maio, diventati poi venti, i cinque di Zingaretti, e tutti i nodi più divisivi dell’ultimo anno. Anche il taglio dei parlamentati si farà, ma in data da destinarsi. Evviva, dichiarano tutti: “passi avanti”.

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