Corsa a tre per il Viminale: Minniti, Gabrielli, Morcone

Lodovica Bulian

«Noi abbiamo rinunciato a molte questioni, adesso bisogna fare un po’ per uno». Il valzer delle poltrone (possibili) continua anche nel giorno decisivo delle consultazioni e di nodi ancora irrisolti sul tavolo del governo M5s-Pd.

Un po’ per uno, dice Andrea Orlando, nei desiderata del Pd vicepremier unico in pectore. Il muro di Luigi Di Maio e dei suoi però rimane e continua a fare da ostacolo sulla strada giallo rossa. Il posto di vicepremier è suo, ripetono i grillini. L’offerta ribadita al Pd è quella di un posto per un secondo vice, parigrado. Irricevibile per i dem, che al grido di «discontinuità» e di no a «governi staffetta» non vogliono cedere ulteriormente, nonostante in cambio ci siano ministeri di peso. Dopo aver digerito Giuseppe Conte, che ritengono un premier non terzo come vorrebbe invece essere considerato l’avvocato del popolo, ma organico al Movimento, non accettano che il suo secondo sia Di Maio. «Non ci sono né veti né attacchi alle persone, tant’è che si parla di Di Maio come ministro», dice Orlando. Come ministro e basta, appunto. Si dice della Difesa, anche se il capo politico del M5s vorrebbe tenersi i suoi due ministeri, Lavoro e Sviluppo economico per portare avanti quanto fatto finora. I democratici vorrebbero come vicepremier unico in alternativa allo stesso Orlando Dario Franceschini, che potrebbe avere anche la delega ai rapporti con il Parlamento. Nel caso si optasse per il secondo, al primo potrebbe andare la carica di sottosegretario alla Presidenza del consiglio.

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