Mattarella chiederà a Conte di essere il vero timoniere dell’alleanza tra Pd e M5S

di Marzio Breda

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Lapresse)

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Lapresse) shadow

Quando all’ora di pranzo ha sfogliato le agenzie di stampa che riassumevano l’avvio della giornata tra incontri rinviati, nuove pretese irrinunciabili, rivendicazioni, dinieghi, fughe in avanti e scambi d’accuse, Sergio Mattarella ha scosso la testa in segno di sfiducia. «Il dialogo si è interrotto, siamo di nuovo allo stallo», ha detto ai consiglieri, mostrandosi esplicitamente dubbioso sulle possibilità di tenere a battesimo una maggioranza. E dunque, dopo aver seguito con irritazione per l’intero weekend svogliate trattative (con qualche leader addirittura in vacanza), è apparso rassegnato a quello scioglimento delle Camere che — come aveva spiegato — è sempre «una decisione da non prendere alla leggera», da parte sua.

Poi, contro ogni aspettativa, il barometro politico è svoltato verso il bello. Con un incrocio di puntualizzazioni dai 5 Stelle e dal Pd in cui si segnalava che la trattativa «non è saltata», che «non esistono veti», che «certi retroscena sono falsi» e che su Giuseppe Conte per Palazzo Chigi «c’erano stati grandi passi avanti». Così, a metà pomeriggio, il capo dello Stato ha potuto cominciare ieri il suo secondo giro di consultazioni con maggiori aspettative. Certo, da un’ora all’altra tutto può cambiare anche drasticamente, visto che il momento della verità scatterà soltanto nel pomeriggio di oggi, quando saliranno al Quirinale i due potenziali partner di governo, Zingaretti e Di Maio.

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