I tempi stretti. L’orologio del Colle

di RAFFAELE MARMO

Le lancette dell’orologio istituzionale scorrono veloci verso la scadenza che il Presidente della Repubblica ha assegnato a leader e partiti per sciogliere il rebus della controversa e inquietante crisi d’agosto. Ma, a due giorni e passa dal severo, ultimo avviso del Capo dello Stato, non si intravede che qualche fioca luce in mezzo a tante ombre. Come e più che nella primavera del 2018, quando almeno c’era l’attenuante di un quadro politico inedito uscito dalle urne, anche oggi i capi e gli sherpa, principalmente di Pd e 5 Stelle, si muovono lungo sentieri non facilmente intellegibili all’opinione pubblica. 

È in corso, insomma, un risiko confuso fatto di annunci pubblici più o meno a effetto ma anche più o meno per iniziati, di trattative riservate e carsiche, di veti e controveti: un gioco di tatticismi esasperati e di estenuanti attese di svolte. Si dirà che tutto questo procedere per stop and go, tra vie lastricate di trappole, buche e guastatori, appartiene al più classico dei copioni delle crisi di governo. È certamente vero.
Ma questo non può essere una giustificazione per trasformare la crisi in un paravento dietro il quale consumare un doppio o triplo regolamento di conti dentro i partiti e, nello specifico, dentro il Partito democratico e dentro il Movimento. 

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