Salvini parte in minoranza. Ma i dem temono il blitz per le assenze di Ferragosto

ROMA — È il giorno della prima, grande conta. Tornati a forza dalle ferie lampo, su cortese richiesta di Matteo Salvini a «muovere il c.» dalle spiagge e dai monti, i senatori prenderanno posto alle 18 nell’aula di Palazzo Madama, per decidere quando (e se) sfiduciare Giuseppe Conte. Il segretario della Lega vuol farlo subito, a tempo di record, domani pomeriggio al rientro dalla commemorazione dei morti del Ponte Morandi, che al mattino vedrà a Genova le massime istituzioni dello Stato. Inaccettabile oltraggio alle vittime e alle loro famiglie, per il fronte che si oppone a Salvini, che alla conferenza dei capigruppo ha ingaggiato un braccio di ferro sulle date.

Palazzo Madama, la riunione inizia alle 16 e va avanti due ore. Nervi tirati come corde di violino, acuti, parole forti. La maggioranza numerica (Pd, M5S, gruppo Misto, Autonomie) concorda sulla decisione di ascoltare le comunicazioni di Conte il 20 agosto. Ma il fronte che sulla carta ha la minoranza (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) dà battaglia e, grazie all’assist della presidente del Senato, la spunta. Elisabetta Casellati interpreta a suo modo l’assenza dell’unanimità e convoca l’aula per oggi. Esce Andrea Marcucci, capogruppo renziano del Partito democratico, e sbotta: «Un regalo a Salvini, una forzatura inaccettabile». Tanta furia si spiega con il timore dei dem di non avere il gruppo al completo, mentre il «Capitano» leghista, che da giorni pianificava di staccare la spina, aveva intimato ai suoi di non muoversi da Roma.

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