Le elezioni anticipate che non vuole nessuno

Anzi, il gioco è stato anche più sottile. Proprio il fatto che esista ormai in Parlamento una «terza forza» disposta a salvare il governo in caso di bisogno (ieri è anche venuta allo scoperto la pattuglia dei «totiani»), ha consentito ai dissidenti «fichiani» dei Cinquestelle di fare il bel gesto anti-Salvini senza però rischiare la crisi.

Vi sembra bizantino? Lo è. Ma questa è oramai la situazione parlamentare: il governo esiste non perché ci sia una coesa maggioranza politica che lo sostenga, ma perché non c’è una maggioranza in grado di buttarlo giù. Anche se potesse, nell’opposizione praticamente nessuno ha davvero voglia o interesse a provocare una crisi e le elezioni anticipate. Così il gabinetto Conte viaggia sul vuoto, come un treno senza rotaie a levitazione magnetica (anche sulla Tav, nel voto di domani sulle mozioni, andrà così).

D’altra parte un governo, per quanto diviso e indebolito, non può cadere sui provvedimenti più popolari. E le norme sulla sicurezza, nonostante le contestazioni, sono tra questi. Al punto che da una bocciatura sarebbe stato proprio Salvini a trarre i maggiori vantaggi: ci avrebbe potuto imbastire la più conveniente delle campagne elettorali. E infatti Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno dichiarato che non erano contro il decreto, e l’avrebbero anzi voluto più «duro» o più incisivo. Dal che si deduce che, almeno per quando riguarda migranti e sicurezza, la vera linea di divisione in Parlamento passa ancora tra destra e sinistra. Così Salvini ha due maggioranze: quella del «cambiamento», sempre più precaria, e quella di centrodestra, sempre ben disposta.

CORRIERE.IT


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