L’Europa è sempre più fragile: ecco perché si sta sgretolando

Dal punto di vista nazionale, le cose non vanno affatto bene. Non c’è un Paese in Europa che possa dirsi al sicuro da crisi interne, debolezza dei propri leader o con l’avvento di partiti di rottura che hanno creato le premesse per coalizioni eterogenee e fragili. Come scritto su Il Sole 24 Ore, che riporta le dichiarazioni di Eric Maurice, capo dell’ufficio di Bruxelles della Fondazione Schuman, “è in effetti una della caratteristiche di questa fase politica. Abbiamo a che fare sempre più spesso con coalizioni che comprendono quasi tutta la scena politica, o comunque numerosi tendenze politiche”.

L’esempio ci arriva da diversi Paesi. In Germania, la Grande Coalizione vede una maggioranza sempre più risicata con un costante perdita di consenso per la Merkel. L’Austria vive una crisi successiva alla caduta di Sebastian Kurz per il video che ha incastrato Heinz-Christian Strache. In Scandinavia, i governi si reggono su maggioranze sempre più deboli ed estese. Idem per quanto riguarda i Paesi baltici. Belgio e Olanda sono in condizioni sempre più critiche dal punto di vista politico. Il Regno Unito, una volta votato il referendum sulla Brexit, si è rivelato sempre più debole e impantanato in un processo politico sempre più drammatico, con un governo May talmente indebolito che la premier ha rassegnato le dimissioni. In Francia, Macron è in perdita di consensi e il Rassemblement National avanza. E pur non riuscendo a scalare l’Eliseo, Marine Le Pen ha dimostrato che il sostengo popolare è superiore a quello del presidente. La Spagna sta raggiungendo (forse) una fragilissima maggioranza parlamentare dopo diverse tornate elettorali, ma Pedro Sanchez non ha una coalizione di governo chiara e i separatisti continuano a premere. L’Italia ha un esecutivo composto da una maggioranza non compatta e con visioni strategiche diverse in base alle differenti anime che compongono il governo. I Balcani sono una polveriera. E l’unica area in cui sembra esserci una certa stabilità politica è quella Visegrad che però – paradossalmente – è proprio la parte più critica verso l’Unione europea.

Per quanto riguarda l’Unione europea come entità sovranazionale, invece, le elezioni del 26 maggio hanno confermato due trend: il primo, quello dell’ascesa dei movimenti sovranisti o populisti; il secondo, la frammentazione dell’Europarlamento con la guerra intestina per accedere alle migliori poltrone di Bruxelles e delle altre “capitali” del sistema Ue, dal presidente di Commissione a capo della Banca centrale europea. Il momento di transizione, con alleanze fragili, leader deboli, partiti nuovi e anime sempre più divergenti, sta comprimendo il sistema europeo. E l’asse franco-tedesco, quasi abbandonando l’idea di Ue, si è ormai palesemente concentrato su se stesso eludendo l’Europa unita e confermando esclusivamente l’attenzione verso i propri interessi.

Questa è l’Europa. E proprio per questo motivo è importante sottolineare il fatto che sì, le superpotenze stanno iniziando a muovere le proprie armi verso l’Europa, non è certo colpa di Cina, Russia e Stati Uniti. L’Unione europea si sta sgretolando sotto i colpi di se stessa, del fallimento dei governi che si spacciano per europeisti e anche di coloro che per troppo tempo hanno sostenuto una certa linea fondamentalista nei confronti di Bruxelles senza però capire i problemi che hanno creato le premesse per il suo fallimento.

IL GIORNALE

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