L’Occidente tramonta davvero

di Sergio Romano

Quando scoppiarono le rivolte arabe credemmo che il fenomeno fosse limitato alla costa meridionale del Mediterraneo e fosse provocato dall’arrivo di nuove generazioni in Paesi dove i vecchi dirigenti (Ben Ali in Tunisia, Gheddafi in Libia, Mubarak in Egitto, Bashar Al Assad in Siria) non avevano saputo offrire ai loro concittadini un futuro migliore. Sbagliavamo per difetto. Poco meno di dieci anni dopo, il Grande Medio Oriente (dall’Algeria di Bouteflika al Pakistan passando per la Libia di Sarraj e Haftar, il Sudan di Omar Al Bashir, la Nigeria di Boko Haram e la Somalia delle milizie Al-Shabaab) è ancora sconvolto da un diffuso malumore popolare, colpi di Stato e, in parecchi casi, attacchi terroristici. Ognuna di queste crisi ha le sue particolari motivazioni, ma la loro concomitanza è sorprendente. Mi chiedo se molti di questi fenomeni non siano dovuti, almeno in parte, all’esistenza di tecnologie che ci permettono di vedere contemporaneamente tutto ciò che accade nell’intero pianeta. Ogni Paese cova i suoi malumori e le sue rabbie, ma i ribelli, dovunque siano, apprendono ogni giorno, accendendo la televisione o aprendo un computer, come si riempie una piazza, si mette una bomba, si rovescia un regime. Vi sono altre ragioni naturalmente. Nei 74 anni passati dalla fine della Seconda guerra mondiale siamo stati spettatori di lunghi momenti durante i quali abbiamo creduto che fosse possibile creare un ordine internazionale.

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