E sono numeri, non sono gufi

di RAFFAELE MARMO

Il premier Giuseppe Conte aveva promesso che sarebbe stato “un anno bellissimo” quando c’erano già ampiamente tutte le avvisaglie e i numeri della recessione incombente. Ma non sembra essersi svegliato dal sogno retroattivo dell’Italia del boom economico neppure ieri, di fronte alla certificazione conclamata della crescita zero. E non sembrano essere consapevoli della gelata che stringe, paralizza e penalizza l’Azienda Italia neanche Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che hanno passato la giornata a duellare sui presunti gufi di Confindustria. Eppure, sarebbe fin troppo facile rammentare che le polemiche renziane sui gufi non hanno portato tanto bene all’allora presidente del Consiglio. Ma non è tempo di battute e di agevoli calembour.

È, invece, un tempo di ferro, con competitor dell’Italia agguerriti e pronti a tutto, al netto di malcelate indignazioni all’ombra di affari miliardari, come dimostra tutta la sceneggiata del nostro mega-accordo con la Cina andata in onda nei giorni scorsi, proprio alla vigilia della “non intesa” franco-tedesca con Xi che ha fruttato, però, affari d’oro sull’Airbus. Insomma, i nostri partner europei non ci vogliono bene. Ma, forse, non ci vogliamo bene neanche noi. E i segni del masochismo non sono neanche dissimulati. Era evidente fin dall’inizio del governo giallo-verde che il “contratto” basato su quota 100 e reddito di cittadinanza, per di più finanziati in deficit, non avrebbe favorito la crescita del Pil.

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