Direzione Pd, disarticolato il renzismo

Gli effetti speciali, per gli amanti della politica spettacolo, non ci sono. Perché l’uomo (Zingaretti) è fatto così. Mite. Graduale, in ogni passaggio. Il “passo dopo passo”, non lo strappo. Però, nella sostanza politica, c’è una notizia, non irrilevante, alla prima direzione del Pd della nuova era. Che non è solo un nuovo clima, composto, non polemico, attento. Il che è di per sé una notizia, nel day after della Basilicata. Ma qualcosa di più. E cioè un consenso ampio attorno a un nuovo posizionamento politico del Pd, che vale per le Europee ed evidentemente per il dopo. Ecco la proposta: “Il nostro simbolo – dice Zingaretti – sarà quello del Pd con un riferimento al gruppo Socialisti e democratici e la scritta ‘Siamo europei'”.

Consenso ampio, perché la relazione è stata votata dal grosso della direzione. Anzi, sulla relazione si è disarticolato il renzismo che fu, con l’area di Guerini-Lotti-Martini che l’ha votata, senza neanche tanti distinguo. E i 17 irriducibili di Giachetti e Ascani che si sono astenuti. Insomma, se la direzione doveva essere il luogo per il primo tagliando del nuovo corso, con la scusa della Basilicata, questo rischio è stato disinnescato. Per comprendere meglio, occorre riavvolgere la pellicola del film a un mese fa, quando Renzi girava l’Italia per presentare il suo libro alimentando la suggestione della “scissione”, il veleno scorreva nel corpo del corpo del Pd, la domanda era su quanti sarebbero stati disposti a seguirlo e alcuni dei suoi minacciavano il “ce ne andiamo se Zingaretti torna a fare i Ds con quelli che se ne sono andati”. Un mese dopo, il partito, pressoché nel suo insieme, dà il via libera a una lista sostanzialmente del Pd, ma aperta agli altri, che dia il senso di un fronte democratico e progressista, certo alle Europee ma, se l’esperimento funziona, è chiaro che indica una direzione di qui alle politiche. Aperta al centro e a sinistra. Per intenderci, da Calenda a tutti coloro che si riconoscono nel Pse, come Articolo 1 e i socialisti di Nencini, sulla base del ragionamento che non ha senso tenere diviso in Italia ciò che è unito in Europa.

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