Il valore politico delle proteste pacifiche

di Angelo Panebianco

La storia delle democrazie è costellata di episodi di protesta di piazza. La protesta dei gilet gialli per le strade di Parigi, oggi diventata violenta (devastazioni e saccheggi sugli Champs-Elysées) e le manifestazioni pacifiche pro-clima in Italia e in tanti altri luoghi ci dicono qualcosa sulla fase che stanno attraversando le democrazie europee. Ci sono differenze cruciali fra i vari tipi di protesta, soprattutto, in rapporto ai mezzi, ma c’è anche, talvolta, qualche somiglianza (non immediatamente visibile) in rapporto ai fini.

La più importante differenza, la discriminante principale, riguarda l’uso della violenza. Le manifestazioni che prendono una piega violenta mettono in moto dinamiche assai diverse da quelle che restano pacifiche. La violenza ha effetti contraddittori, e forse anche paradossali, sulle sorti del movimento di piazza. Di sicuro, una volta impiegata, essa riduce drasticamente il consenso che, in un primo tempo, aveva circondato la protesta. Nella prima fase del movimento dei gilet gialli era evidente che le loro gesta erano seguite con approvazione da settori non piccoli della società (da molti francesi, soprattutto, che non apprezzano il presidente Macron).

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