Il balletto dei paradossi e il conto da pagare

Alessandro Sallusti

C’è un famoso rompicapo che recita: «Questa affermazione è falsa». Se la ritieni vera, vuole dire che stiamo parlando di un falso; se ti sembra falsa vuole dire che è vero il contenuto e quindi si ritorna al falso.

Non se ne esce, un po’ come per la Tav. Si fa o non si fa? I bandi sono partiti o no? A sentire Di Maio la risposta è più di un no, è un «mai più». A sentire Salvini è sì, certamente.

Entrambi festeggiano una loro vittoria politica sostenendo uno l’opposto dell’altro. Solo che a differenza del rompicapo di cui sopra, qui non stiamo parlando di giochi di parole e di paradossi filosofici ma di un buco nella montagna, di miliardi di euro che vanno e vengono, di occupazione e sviluppo. A pensarci bene, in tutto questo c’è della coerenza perché questo governo fin dalla sua gestazione è un paradosso, un rompicapo, e questo «paradossalmente» è la sua unica forza. Il collante tra Lega e Cinque Stelle non è «fare», ma «non fare» nulla che possa portare beneficio all’uno o all’altro, il tutto condito da una babele di dichiarazioni e proclami che c’è da perdere la testa a voler stargli appresso.

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