Brexit, perché Corbyn ha detto sì a un secondo referendum

al nostro corrispondente ANTONELLO GUERRERA

LONDRA. Jeremy Corbyn appoggerà un secondo referendum sulla Brexit. L’annuncio è arrivato durante un raduno dei dirigenti del partito laburista e la notizia è molto importante perché il leader Labour non si era mai esposto così apertamente su questa possibilità. Anzi, è stato spesso accusato di essere ambiguo, un acerrimo euroscettico sotto mentite spoglie, di volere la Brexit in silenzio. Invece, ora Corbyn ha cambiato idea e la notizia non può che far piacere agli europeisti del labour e di altri partiti che sinora non si sentivano rappresentati politicamente. “La novità”, dicono fonti ben informate del partito laburista britannico, è che “ora il voto popolare diventerà la priorità se le opzioni sul tavolo resteranno il piano May o il No Deal”.

Le motivazioni di questa giravolta sono diverse. La prima, la più importante, è un mero calcolo politico. Corbyn doveva fermare l’emorragia di suoi deputati che si era aperta dopo che otto ribelli hanno abbandonato il partito per le accuse di antisemitismo e le indecisioni del leader sulla Brexit. Per molti mesi è stato un eccezionale equilibrista per non perdere i voti del Nord operaio euroscettico. Un gioco che però non poteva durare a lungo. Decine di altri parlamentari erano dati in uscita nelle ultime ore.

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