Montagne, trasporto pesante e «pay per use»: perché in Italia abbiamo le autostrade più care

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Ma insomma le autostrade italiane sono davvero più costose da percorrere rispetto a quelle del resto d’Europa? La questione divampa in questi giorni in cui l’operazione-trasparenza voluta dal governo porta alla luce le remunerazioni dei gestori italiani, che un’analisi pubblicata sul Sole 24 Ore di oggi conferma essere le più alte d’Europa. Ma più volte in passato il problema si era posto e l’Aiscat (l’associazione dei gestori) aveva risposto mostrando pedaggi più bassi. Chi ha ragione? La verità è che, se parliamo di pedaggi pagati dagli utenti invece che di remunerazione dei gestori, ha poco senso fare paragoni con l’estero.
Per vari motivi, legati soprattutto alla particolarità della rete autostradale italiana: tanti tratti di montagna e traffico intenso di mezzi pesanti. Solo per le moto c’è una risposta netta: l’Italia è l’unico Paese che applica loro la stessa tariffa delle auto, cosa poco giustificabile (e anche gli sconti introdotti lo scorso anno in via sperimentale sono stati lasciati naufragare con modalità di applicazione troppo burocratiche, che hanno indispettito molti motociclisti).

Confronti fuorvianti
Di solito, la battaglia tra i gestori e chi li critica si gioca sul confronto fra tratti di pari chilometraggio in vari Paesi. Ciascuno dei due contendenti sceglie gli esempi che fanno al suo caso. Occorre quindi capire quali sono i fattori che determinano l’entità dei pedaggi. Le montagne, per esempio, costano. Costruire un chilometro di autostrada in montagna può costare anche cinque volte più che in pianura. Non a caso, le tabelle previste dalle convenzioni tra Stato e gestori per il calcolo dei pedaggi sono divise in due parti: una per i tratti di pianura e un altro per quelli di montagna. La differenza è ovviamente legata alla presenza di viadotti e gallerie e al fatto che spesso in montagna occorre fronteggiare frane, smottamenti e altri problemi geologici. Questo fa aumentare anche i costi di manutenzione. All’utente la differenza costa anche più di quel che prevedono le tabelle: il pedaggio comprende non solo i chilometri realmente percorsi sulla carreggiata, ma anche la lunghezza degli svincoli che si trovano sul percorso. E quando non si è in pianura le rampe sono spesso molto lunghe: basta pensare alla distanza che si trova in Liguria tra l’autostrada che corre in alto e la sottostante viabilità ordinaria. Il caso limite è quello della Tangenziale di Napoli: la somma degli svincoli supera la lunghezza dell’arteria dal suo inizia alla sua fine.

I mezzi pesanti, poi, usurano. In Italia l’86% delle merci viaggia su gomma. Un record europeo. Che ha varie conseguenze sulle strade.
La prima è l’usura: asfalti e strutture dei viadotti invecchiano prima. Si calcola che il passaggio di un camion affatichi le strutture quanto quello di dieci auto. A volte questo sballa i programmi dei gestori. Per esempio, intorno al 2002 la costruzione della quarta corsia sull’A1 tra Modena e Bologna fu resa più lunga dalla necessità di rifare in profondità anche le tre corsie già esistenti, perché i mezzi pesanti avevano portato alla rottura della lastra di cemento che faceva da base alla sede stradale.

Guard-rail, quanto mi costi
La grande quantità di mezzi pesanti impone anche di adottare guard-rail proporzionati, che costano di più. Se andate all’estero, abituati come siete ad avere negli occhi le barriere alte e «consistenti» montate in Italia (classi H3 e H4, le più alte), vi sembrerà di essere tornati agli anni Settanta, quando anche nel nostro Paese questi dispositivi di sicurezza erano bassi e con basse capacità di assorbire gli urti e trattenere in strada i veicoli. Questo purtroppo non implica in assoluto che le autostrade italiane siano sempre più sicure: a volte il montaggio è poco accurato o eseguito su una base ammalorata, altre si evita di sostituire le barriere più costose (come fu per il caso del bus precipitato dal viadotto Acqualonga dell’A16, presso Avellino, il 28 luglio 2013, con 40 morti). Con tanti mezzi pesanti diventa necessario prevedere anche aree di sosta ampie e attrezzate, dove gli autisti possano trascorrere le ore di riposo imposte dai regolamenti europei nelle condizioni previste da queste norme.

Le altre differenze
Ci sono poi altre differenze all’interno dello stesso Paese a rendere difficili i confronti. Per capire meglio, consideriamo l’esempio di un viaggio da Milano a Brescia. Ci sono due autostrade di pianura, la A4 e la A35 Brebemi. La prima ha un pedaggio minore perché è in esercizio da decenni e quindi il suo costo di costruzione è già stato ammortizzato. La Brebemi costa di più perché è solo all’inizio del suo ciclo di vita (è aperta da poco più di tre anni) ed è nata con gli standard moderni, ben superiori. La differenza tra i due pedaggi viene poi attenuata dagli sconti che la Brebemi sta praticando teoricamente a tutti (per fruirne basta registrare il proprio apparato Telepass).

La tariffa è anche politica
I confronti si fanno con i Paesi di estensione paragonabile all’Italia dove c’è un pedaggio proporzionale ai chilometri percorsi (fondamentalmente Francia e Spagna). In altri Paesi viaggiare in autostrada è gratis (fatta eccezione per il transito in alcuni punti particolari come i grandi ponti) o comporta solo il pagamento di un bollino a forfait. Ma la situazione è destinata a cambiare: la Ue spinge per diffondere il principio del pay per use, per assicurare un finanziamento certo alle infrastrutture e scoraggiare il trasporto privato, diminuendo l’inquinamento. Inoltre, per i mezzi pesanti la gratuità non esiste nemmeno dove le autostrade sono gratis per tutti gli altri veicoli (come in Germania, dove però sarà introdotto un bollino da pagare anche per i mezzi leggeri). In Svizzera, poi, si parla di portare da 40 a circa 100 euro il prezzo del bollino annuale.

ILSOLE24ORE

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