Ponte di Genova, due mesi prima della tragedia il ministero approvò i rinforzi agli stralli

l documento è del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit). Lo firma Vincenzo Cinelli, Direttore generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali che ieri ha subito dei sequestri. Si tratta del decreto con il quale il Mit approva il progetto esecutivo di rinforzo degli stralli (i tiranti che sostengono il ponte) «per sopperire alla progressiva perdita di funzionalità relativa alle pile 9 e 10 del Polcevera», scrive Cinelli. La pila 9 è crollata il 14 agosto facendo 43 vittime. La 10 è lì, sospesa e pericolante.

Il documento di giugno

Sorprende la data del decreto, di cui il Corriere è venuto in possesso: 11 giugno 2018, un paio di mesi prima del disastro, quando Autostrade aveva già avviato l’iter della gara d’appalto per i lavori con la preselezione delle imprese. L’ok del ministero, vincolante per iniziare l’intervento strutturale, è arrivato cioè dopo che la macchina per la sistemazione del ponte era partita. Ministero troppo lento o Autostrade troppo veloci? O si tratta solo di una strana prassi? Dal giorno in cui il Comitato tecnico del Provveditorato alle Opere pubbliche presieduto da Roberto Ferrazza aveva dato parere favorevole all’intervento, il primo febbraio di quest’anno, sono passati oltre 4 mesi. Il «parere» è stato trasmesso da Genova a Roma il 13 marzo, circa un mese e mezzo dopo. Da marzo a giugno è stato esaminato dalla Divisione analisi e investimenti della Vigilanza che ha concluso il suo lavoro con una relazione istruttoria.

Il decreto

Nel decreto, sequestrato, si ripercorre la storia del progetto esecutivo di Autostrade che se fosse stato realizzato in tempo avrebbe forse potuto salvare il viadotto e la vita di 43 persone. «È stato trasmesso il 31 ottobre 2017 dal Concessionario per un importo complessivo di 26 milioni, di cui 20 per lavori a base d’appalto e 6 per somme a disposizione…», scrive Cinelli. E precisa che il concessionario ha scelto una procedura rapidissima: «Ha predisposto direttamente il progetto esecutivo, omettendo la redazione del definitivo». Domanda: perché tanta, improvvisa fretta, dopo mezzo secolo in cui gli stralli non sono stati toccati? E ci sarà stato anche uno studio del Politecnico di Milano che segnalava il degrado, ma nessuno aveva mai paventato un pericolo.

Le comunicazioni

La Direzione generale per la vigilanza, dunque, lo riceve e lo invia il 5 dicembre al Comitato tecnico presieduto da Ferrazza per ottenere il parere obbligatorio. Quest’ultimo dà il nulla osta il primo di febbraio, con alcune osservazioni sui sistemi utilizzati per la stima della resistenza del calcestruzzo. «Ritenuti discutibili», si limita a scrivere Cinelli (nel parere del Comitato si parla di «metodo fallace»). La fretta emerge anche da una lettera firmata il 28 febbraio 2018 dal dirigente di Autostrade Michele Donferri Mitelli e indirizzata alla Direzione vigilanza e al Provveditorato. Nella missiva, anticipata ieri da L’Espresso.it, Donferri parlava di «urgenza che riveste la conclusione dell’iter approvativo dell’intervento» e di «incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera… vi preghiamo di portare avanti l’iter autorizzativo quanto prima».

Gli stralli

Donferri scrive, pressa, accelera. Fino a che il 13 marzo il Provveditorato invia a Roma il parere favorevole di un mese e mezzo prima. Poi ci saranno i quasi 90 giorni passati fra gli uffici della Direzione di vigilanza e infine il sospirato ok: 11 giugno 2018. «L’intervento proposto — conclude Cinelli — allunga la vita degli stralli, fondamentali per la statica del ponte». Lo dice lui stesso: fondamentali. Resta un dubbio: ma se anche il decreto fosse arrivato prima cosa sarebbe cambiato? Forse nulla, perché i lavori sugli stralli erano previsti comunque dopo l’estate e, dunque, si era già fuori tempo massimo. Da quanto emerge sembra che l’unico provvedimento utile, visto l’allarme, fosse quello della limitazione del traffico. Nel decreto non c’è traccia di prescrizioni in questo senso. «Spettava al Provveditore», hanno fatto sapere dal ministero. Qualcuno sospira: se davvero c’era la percezione di un pericolo, cosa tutta da dimostrare, forse la regoletta poteva essere superata.

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