La notte delle tre trattative che ha partorito solo “no”

A volte per orientarsi nel caos e nella confusione ti devi affidare agli aneddoti e all’intuizione. Qualche giorno fa, quando Giuseppe Conte si dava da fare per mettere in piedi un governo, leghisti e grillini sognavano il matrimonio e il nome della discordia, quello del professore Paolo Savona, faceva capolino, chi chiedeva a Silvio Berlusconi una previsione sull’epilogo dell’intera vicenda, riceveva questa risposta: «Salvini su Savona sta facendo solo manfrina.

Lui ha in mente solo un numero: il 25%». Sottintendendo che l’obiettivo del Carroccio fosse quello di tornare subito al voto, facendo il pieno di voti. Più o meno la confidenza fatta ad un amico domenica scorsa, il giorno in cui il governo Conte fu archiviato, da Giancarlo Giorgetti, l’alter ego di Salvini: «Matteo ha usato la candidatura di Savona come un piede di porco per far saltare tutto». E lo stesso discorso faceva ieri il professore Antonio Rinaldi, uno dei collaboratori di Savona, mentre al Quirinale, meta di un andirivieni continuo (Cottarelli, Di Maio e altri) esploravano, con molta fantasia, tutte le mediazioni possibili, come quella di uno spacchettamento in due del ministero dell’Economia, da una parte il Tesoro e dall’altra le Finanze. «A Savona vorrebbero dare quest’ultimo spiegava il professore ma non accetterà mai. Pretendono addirittura che lui rinunci ad entrare nel governo. Ma che significa? Dovrebbe rinunciare a proporlo Salvini, ma non lo farà. La verità è che Salvini vuole andare alle elezioni… e nei suoi panni chi non lo farebbe?! Se poi Berlusconi nel frattempo facesse un passo indietro, con l’impegno solenne che noi faremmo di tutto per nominarlo senatore a vita per meriti, sarebbe perfetto».

Bisogna partire da qui per orientarsi in quella selva di proposte, controproposte, mediazioni, compromessi, che stanno caratterizzando queste giornate. Il leader leghista punta alle urne. Il suo sogno è ripresentarsi da Sergio Mattarella, sull’onda di un nuovo successo elettorale, per dire: «Dove eravamo rimasti… nel nuovo governo che mi onoro di presiedere il ministro dell’Economia è il professore Paolo Savona…». Insomma, il leader della Lega persegue una vittoria completa, sente che è alla sua portata, che gli avversari non sono all’altezza, o perché sono troppo deboli o perché sono troppo indecisi. Per farlo deflettere da questa strategia «militare», gli altri dovrebbero offrirgli un successo inequivocabile già oggi. «Mattarella ironizza Maurizio Gasparri dovrebbe ripensarci… dovrebbe dire: Matteo ma tu volevi Paolo Savona, proprio Paolo… ah ma non avevo capito… pensavo che ti riferissi al fratello!». Già, l’unica ipotesi che potrebbe far desistere Salvini è una resa incondizionata degli altri, a cominciare dal capo dello Stato che dovrebbe anche perdere la faccia.

È possibile? Tutto è possibile, ma anche molto difficile. Anche perché Salvini preferisce le elezioni a qualsiasi altro scenario. Ogni altra ipotesi la considera una subordinata. Esattamente la posizione opposta a quella di Luigi Di Maio, che, da vero disperato, farebbe ogni cosa, ma proprio tutto, per non andare alle urne: i leghisti, infatti, stanno erodendo non poco il consenso Cinque stelle (secondo i sondaggi 3 punti e mezzo). «Salvini ammette il grillino Angelo Tofalo ci sta facendo davvero male». Per cui da martedì sera a ieri sera le proposte si sono sprecate. Intorno alla mezzanotte il grillino Vito Crimi dava per fatta un’intesa con la Lega e Fratelli d’Italia, per un governo guidato da Conte e senza Savona all’economia. «Lo hanno detto anche a me» raccontava a quell’ora l’ex presidente del Senato, Renato Schifani: «La situazione è grave. Berlusconi oggi ha telefonato a Draghi che gli ha prospettato un quadro drammatico per i titoli a breve. Se lo spread va su gli ha spiegato e le agenzie abbassano il rating dell’Italia, la Bce non può comprare i titoli italiani».

Tutto fatto? Nient’affatto, per il primo «niet» leghista. Dalle 24 alle 4 mattino del giorno dopo, altre due ipotesi che sono arrivate pure alle orecchie del Cavaliere a Palazzo Grazioli. Prima un governo Cinque stelle-centrodestra a guida centrodestra: ipotesi bocciata da Di Maio. Poi, la «fiducia tecnica» al governo di Cottarelli per andare oltre il mese di agosto. «No» di Di Maio, il quale il giorno dopo, terrorizzato, ha rilanciato con una serie di avance. Nell’ordine: esecutivo politico a guida leghista (premier Giorgetti); spacchettamento del ministero dell’Economia; il professore Savona nel governo ma in un ruolo diverso dal Mef. Niente da fare, Salvini ha detto «No». Dal Colle sono arrivati anche a proporgli la guida del governo, ma il leader leghista ha nicchiato. «Ma perché ha spiegato ai suoi dovrei andare a Palazzo Chigi alla vigilia di un’estate rovente per i titoli italiani? Può stare lì Cottarelli e intanto il Paese va alle elezioni». Naturalmente, ogni «No» è stato condito dall’unica controproposta che il Quirinale non avrebbe mai potuto accettare, pardon, subire: Savona all’Economia.

E stando fermo, il leader leghista potrebbe anche ottenere l’altro obiettivo che ha nel mirino: le elezioni a settembre o a ottobre. L’ipotesi luglio, infatti, per lui sarebbe indigesta: in quel periodo le fabbriche del Nord, serbatoio del voto leghista, sarebbero chiuse e molti elettori sarebbero portati a disertare le urne per non ritardare le vacanze. E, tergiversando tergiversando, ieri si è chiusa anche la «finestra» del voto il 29 luglio. «Era l’unica vera arma di persuasione su Salvini ha commentato con una punta di sarcasmo Matteo Renzi – ma per usarla al Quirinale dovrebbero avere le palle».

Appunto, senza muoversi, Salvini sta piegando gli altri. Un «mix» di minacce, ma anche ammiccamenti. Che escono dalla sua bocca, ma anche dalle bocche dei suoi, come il vicepresidente della Lega, Lorenzo Fontana. Minacce: «La verità è che non è l’Europa a porre problemi su Savona, semmai tutto nasce dai suoi cattivi rapporti con Draghi e Visco. Si tratta di questioni personali». Ammiccamenti: «Sì, noi puntiamo al voto, ma vogliamo andarci con l’intero centrodestra. E Forza Italia potrebbe avere un ruolo prezioso, quello di legittimarci a livello internazionale. Io ho sempre storto il naso sull’alleanza con i grillini. Senza contare che Savona è stato vittima dello stesso meccanismo che fece fuori Berlusconi nel 2011». Discorsi che spiegano perché ieri sera un Di Maio scuro in volto, si sarebbe lasciato andare ad uno sfogo con i suoi: «Salvini mi sta facendo davvero incazzare!». Intanto da 24 ore i ministri candidati a far parte dell’ipotetico governo Cottarelli sono a zonzo per Roma in abito da cerimonia per il giuramento. «Dovete pazientare», è la preghiera che il premier in predicato ieri ha rivolto a tutti loro alle 8 di sera in un giro di telefonate.

IL GIORNALE

 

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