Varata la “fase concava”: ecco il piano di Berlusconi

L’allarme, quello vero, è scattato la mattina di mercoledì, da un incontro che uno dei consiglieri più accorti del Cavaliere, Gianni Letta, ha avuto con un ambasciatore di un Paese del vecchio continente che Matteo Salvini aveva incontrato qualche giorno fa.

In quel colloquio con la feluca straniera, il leader della Lega non aveva fatto mistero di volere ricercare un’intesa con i grillini non solo sulle presidenze delle due Camere, ma anche sul governo.

E pensare che il giorno prima Silvio Berlusconi aveva preso sottogamba il ragionamento del leader leghista, che aveva proprio fatto quest’analisi della situazione: «Con il Pd che si è tirato fuori, l’unica ipotesi da esplorare è quella con i grillini, altrimenti niente…». Un discorso che aveva fatto storcere la bocca a Giorgia Meloni, mentre il Cav in quell’occasione, mancando Letta («gli inviti a cena a Palazzo Grazioli non li faccio io» è la battuta agrodolce sulla sua assenza dal «vertice» del consigliere di una vita), si era fatto «concavo»: aveva preso quell’apertura ai cinque stelle come la solita boutade di Salvini e l’aveva accolta con un paio di battute tra il serio e il faceto. «Ma sì, in fondo lì dentro – aveva detto nell’incontro – non sono tutti teste matte. Di Maio è uno che parla bene… Carelli lo conosco da una vita Vediamo». Poi, il leader della Lega aveva chiesto per tre volte al tavolo di potere fare un giro esplorativo e alla terza si era sentito rispondere dai suoi interlocutori, quasi spazientiti: «Va bene, fallo!».

Solo il giorno dopo, alla luce del colloquio extra-territoriale avuto da Letta, Berlusconi ha capito che l’apertura di Salvini non era uno scherzo. E, soprattutto, che quella logica avrebbe potuto portare a una maggioranza con i grillini o alle elezioni in tempi brevi: due ipotesi indigeste per lui. Per cui si è fatto «convesso». Ha spiegato ai suoi che quello di Salvini era un mandato per modo di dire: «Non può trattare a nome di tutto il centrodestra e, comunque, è un incarico riferito alle presidenze delle Camere, non al governo». E poi ha messo in pratica il consiglio che gli era venuto da Letta: «Caro Silvio, se tu assecondi troppo Salvini, se non sposi una linea alternativa, rischi di andare a rimorchio ed è la cosa peggiore per te». Per cui la sera di mercoledì, davanti ai suoi parlamentari, il Cav ha tirato fuori una proposta in salsa spagnola (a Madrid per mesi c’è stato un governo di minoranza) che rimetteva in ballo l’altro forno, almeno sul piano teorico: «Puntiamo a un governo di minoranza che nelle commissioni trovi un raccordo con il Pd. Con i 5 stelle, invece, non possiamo avere nulla a che fare. Anche perché – ha aggiunto per spronare i suoi – vogliono ridurre gli stipendi dei parlamentari e abolire il vitalizio. Cosa che noi non vogliamo». Un «no», quindi, al movimento 5 stelle, ma con i singoli grillini un atteggiamento completamente diverso, racchiuso in quest’indicazione data ai suoi: «Attirateli, blanditeli, portateli da noi».

«Concavo e convesso»: una delle battute storiche del Cav, una tattica di cui in questi frangenti avrà quanto mai bisogno. Perché l’operazione Salvini-Di Maio è insidiosa, visto che per il momento manca un’alternativa. «Io – continua a ripetere Matteo Renzi – sto fuori da tutto. Se la vedano loro». Per cui per smontarla, il Cav dovrà tirare di sciabola e di fioretto, alternare aperture e chiusure. Con un obiettivo: evitare la padella del governo con i 5 stelle, senza cadere nella brace delle elezioni anticipate. Ben sapendo che, al di là degli accordi dentro la coalizione, Salvini diventerà nei fatti un polo di attrazione per i parlamentari azzurri. I segnali già ci sono. «Salvini sta corteggiando – ammette Massimo Palmizio, coordinatore di Forza Italia in Emilia – una delle nostre elette». E che il processo sia in atto, se ne sono accorti anche gli altri partiti. «Se Salvini fa un fischio a piazza Montecitorio – è la battuta di Rosato, ex capogruppo del Pd alla Camera – arrivano subito trenta parlamentari da Forza Italia». Ecco perché Berlusconi deve essere prudente per evitare il pericolo Grillo, senza farsi male. L’unica arma che ha è il «rischio di una rottura dell’alleanza», ma deve ventilarla, non può minacciarla. E questo stato d’incertezza si riflette anche tra i suoi. «Se Salvini facesse l’accordo con i grillini – confida Enrico Costa – io penso che il Cav si accoderebbe». «Sarebbe una pazzia – si inalbera invece Osvaldo Napoli – e andargli dietro sarebbe un suicidio». Ancora più tranchant, Lucio Malan: «Salvini è una testa di».

Appunto, fare ammuina, al Cav in questa fase conviene essere più «concavo» e prendere tempo. «Salvini ci pensa davvero» è l’analisi lucida di Renato Brunetta, che poi fa un lungo elenco delle contraddizioni di un simile esperimento. «Certo – osserva – che né Salvini, né Di Maio, saranno premier, visto che nessuno dei due vorrà essere secondo all’altro. Salvini tenterà di fare un po’ di bricolage, prendendo qualche profugo grillino, ma alla fine sarà pronto a fare il governo con tutto il movimento. Noi? Dipende dal programma: c’è l’economia, l’Europa mah!».

Già, il cammino è lungo. E l’operazione è complicata: basta immaginare cosa direbbero i vari Zagrebelsky, Travaglio, Saviano, che volevano portare il Pd in grembo ai grillini, se si ritrovassero costretti a tessere le lodi del governo Salvini-Di Maio o a scomunicarlo. Se, poi, ci fosse anche Berlusconi, ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate. In fondo Berlusconi per inceppare il meccanismo ha due strade ugualmente efficaci: dire di «no», ma anche dire di «sì». E, poi, cosa penserà Salvini, quando saprà che l’altro Pd, quello anti renziano, quello di Nicola Zingaretti, ha proposto alla grillina Lombardi di diventare vicepresidente della giunta della regione Lazio? Bel casino.

Mai come ora il Cav potrebbe fare sua la celebre frase di Mao: grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente. Ad esempio, 24 ore dopo avere fatto l’accordo sulle presidenze delle Camere, Di Maio e Salvini stanno litigando su chi dovrà andare alla Camera e chi al Senato. Per capire il perché bisognerebbe leggersi qualche tragedia shakespeariana come Macbeth o Re Lear: tutto è mosso dal sospetto. Di Maio, impegnato nell’abbraccio con i leghisti, vuole calmare il capo degli irriducibili, Roberto Fico, dandogli lo scranno che fu della Boldrini. Contemporaneamente Montecitorio fa gola anche a Salvini per Giorgetti, visto che l’unico leghista che potrebbe andare al vertice del Senato è Calderoli: troppo autonomo, troppo intraprendente per i suoi gusti. E già, in un Parlamento in cui ci sarà una palude di parlamentari che faranno di tutto per non andare al voto, un presidente, che vuole durare, potrebbe diventare subito un punto di riferimento alternativo a chi lo ha eletto. È già successo: Bertinotti con Prodi, Casini e Fini con Berlusconi e Grasso con il Pd. E in fondo il vero obiettivo di Salvini è proprio quello di tornare presto alle elezioni. «Per stabilizzare il nuovo bipolarismo italiano – ha spiegato a un suo amico – io devo ridurre il gap di voti che abbiamo con i grillini. Ecco perché ho in testa il voto. Il governo con Di Maio? Magari la prossima legislatura, se anche le nuove elezioni non assicurassero una maggioranza di governo per il Paese…».

IL GIORNALE

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