Starbucks, a Milano il più grande negozio d’Europa. Le palme in Piazza Duomo? «Piaceranno»

«Investiremo diversi milioni di dollari e daremo lavoro a 350 persone. E questo solo a Milano che sarà la cabina di regia dell’arrivo in Italia di Starbucks». Howard Schultz è pronto alla sfida. Assieme al sindaco Giuseppe Sala presenterà oggi a Palazzo Marino il suo progetto, «il più importante del gruppo in questo momento». E simbolicamente svelerà l’insegna Starbucks Reserve Roastery nell’ex sede delle Poste in Piazza Cordusio dove la catena americana del caffé aprirà il primo negozio alla fine del 2018. Ha voglia di raccontare la sua avventura l’imprenditore di Seattle che gestisce 24mila caffetterie nel mondo: «Costruiremo una vera fabbrica del caffé e un centro di panificazione con l’alleato italiano Princi. Sarà il negozio più grande d’Europa».

Della polemica su palme e banani in Piazza del Duomo parla il minimo indispensabile e con un po’ di rammarico: «Volevamo dare un contributo positivo alla città che onoriamo e rispettiamo. Ma sono convinto che alla fine piacerà». Del resto proprio a Milano Schultz ha imparato a fare il caffé. Mentre considera Aldo Lorenzi, lo storico coltellaio di via Montenapoleone, che oggi sarà tra gli invitati, uno dei suoi mentori imprenditoriali. Il progetto in Italia è ben impostato. L’Italia era un capitolo chiave prima di lasciare la guida operativa come chief executive ad aprile. Schultz sarà presidente e al timone arriverà Kevin Johnson, una carriera nel gruppo.I modelli Made in Italy di Schultz non si fermano qui e molti di loro sono previsti alla colazione privata di oggi in Comune: come l’imprenditore del cachemire Brunello Cucinelli, Antonio Percassi e Angelo Moratti. Quest’ultimo gli ha aperto le relazioni sul mercato italiano assieme a Percassi che ha curato il progetto di aperture. Ci saranno anche il rettore della Bocconi, Gianmario Verona, e l’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran.

Quale sarà il modello per Milano?
«Quello della torrefazione che occuperà gran parte dei 2.500 metri quadrati di superficie. sarà una fabbrica del caffé, come quella storica di Seattle, poi replicata nel negozio di Shanghai e in quelli che saranno aperti a New York e Tokio. Ma il negozio di Milano sarà il gioiello della corona. Con il gruppo Percassi abbiamo valutato varie opportunità. Ma quando ho visto l’ex Palazzo delle Poste sono rimasto senza fiato. Ne preserveremo lo stile per dare onore all’artigianalità del caffè e per fare un omaggio alla cultura italiana. Il lavoro è tutto interno. L’altra novità è infatti che abbiamo aperto in Italia il nostro centro di design per i lavori, un cantiere enorme. Sarà un cocktail tra tradizione e nuove tecnologie innovative per produrre il caffé».

Quali?
«Ci saranno cinque nuovi caffé realizzati con tecnologie ideate da noi, oltre al tradizionale espresso. Ci sarà per esempio il ‘nitro caffé’ (estratto a freddo utilizzando l’azoto liquido, ndr), infusioni di caffé e bevande innovative. Il cliente vedrà tubi che attraverseranno i soffitti nei quali passano i grani. Potrà comprare le miscele e i nostri prodotti legati al marchio. Poi ci sarà la tecnologia: wifi super veloce, musica con i partner di Spotify, servizi di pagamento fintech».

Quanto investirete?
Tanto. Valga come punto di riferimento che un tipico negozio Starbucks richiede almeno 500mila dollari per iniziare. Circa 100 persone lavoreranno nella Roastery milanese. Complessivamente creeremo 350 posti di lavoro in Italia».

Immaginavate tanta polemica sul giardino di Piazza del Duomo?
«Pensavamo di offrire qualcosa di bello alla città. Ma ogni mercato può presentare temi diversi. In questo caso Starbucks è finita dentro un problema di tipo politico. Mi dicono però che i milanesi all’inizio criticano ma poi si affezionano».

Non si poteva scegliere un progetto alternativo?
«Era un’idea bella realizzata da un noto architetto, Marco Bay. Ci era piaciuto molto. Starbucks è lo sponsor e ha investito circa 200mila euro. Comunque, abbiamo grande rispetto per il Paese del caffé dove ho imparato molto. Non perdo occasione per capire e documentarmi. La signora Prada mi ha portato pochi giorni fa alla sua Fondazione che mi ha ispirato per il mio progetto. Ieri ho provato a spiegare anche ai giovani studenti il concetto di rispetto».

In quale contesto?
«All’Università Bocconi ho parlato a 800 ragazzi in un incontro a porte chiuse con Mario Monti e il rettore dell’ateneo, Gianmario Verona. Mi hanno chiesto soprattutto di parlare del significato di leadership. È facile essere leader quando il vento è favorevole ma ci vuole una buona dose di coraggio morale quando il vento è contrario. Penso al tema dei rifugiati, così forte nel mondo. Starbucks ha scritto una lettera per fare sapere che si impegnava ad assumerne diecimila proprio mentre gli Stati Uniti chiudevano la porta a molti di loro. Un leader deve combattere l’odio e la bigotteria. Bisogna che combatta per la giustizia. Credo che gli studenti della Bocconi lo sappiano bene. Sono tutti smart».

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