Sì dal 55% alla manovra. Consensi sulle misure anche tra chi vota Lega

Nel complesso la manovra ottiene una valutazione positiva da parte di oltre un italiano su due (55%), mentre poco più di uno su tre (35%) si esprime negativamente. Rispetto alla manovra del precedente governo il gradimento è solo di poco inferiore (-4%): è un dato abbastanza sorprendente, tenuto conto che il Conte 1 beneficiava di un consenso nettamente più elevato del Conte 2. Tra gli elettori delle due principali forze della maggioranza i giudizi positivi sono elevati (87% tra i dem e 82% tra i pentastellati), tra i leghisti il 52% boccia la manovra (ma il 44% la approva), mentre tra gli elettori di FI e FdI i sì (51%) e i no (49%) sostanzialmente si equivalgono.

Quanto al grado di intesa percepito nell’approvare la manovra tra le quattro forze politiche che sostengono l’esecutivo, le opinioni sono divise: per il 46% la coesione è molto o abbastanza forte, mentre il 41% è di parere opposto. Quest’ultima opinione prevale nettamente nell’opposizione. Insomma, nel complesso la manovra piace perché si è scongiurato l’aumento dell’Iva e sono stati considerati temi che rispondono ad aspettative largamente diffuse nel Paese: lavoro, natalità, contrasto all’evasione e sostenibilità. Ciò si riflette sull’indice di gradimento del governo che sta aumentando dopo un esordio a dir poco freddo.

Tutto bene, dunque? A parte le critiche degli imprenditori, si profilano due rischi: il primo ha a che fare con i tempi di attuazione. Infatti, in epoca di immediatezza, al gradimento di un provvedimento corrisponde l’attesa di riscontrarne subito i risultati, pena l’impopolarità. Il secondo riguarda l’entità delle misure: se dei 30 miliardi della manovra, 23 saranno destinati a disinnescare l’aumento dell’Iva, resta ben poco per gli altri interventi. Ma non è escluso che dopo i toni roboanti e l’aggressività della politica-wrestling, si faccia strada tra i cittadini una domanda di normalità. Non a caso il premier Conte nel discorso di insediamento ha parlato di mitezza e sobrietà. E forse è proprio questa la vera sfida.

CORRIERE.IT

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