I sabotatori russi che fanno tremare il Cremlino: “Il dittatore Putin va sconfitto in guerra, agiremo fino al crollo del regime”

Letizia Tortello

La voce è mascherata, così come i volti. Rilasciano un’intervista esclusiva a La Stampa, per raccontare i loro obiettivi, dopo la conferenza stampa dei giorni scorsi: «Il regime di Mosca deve cadere, Putin è un dittatore e dev’essere sconfitto sul campo». Sono i sabotatori russi che fanno tremare il Cremlino. Loro si danno il titolo di “partigiani”. L’azione più incisiva lo scorso 22 maggio, quando sono entrati nel territorio della regione russa di Belgorod, dall’Ucraina. Ma le incursioni non sono finite, dicono. L’organizzazione è estesa tanto da moltiplicare le operazioni.

Chi siete? Siete russi? Da dove venite? Avete una formazione militare? Avevate mai combattuto prima d’ora?
«Siamo partigiani russi di una cellula della rete che opera nelle regioni di confine tra Russia e Ucraina. È una rete abbastanza ampia. Siamo gente comune, molti di noi hanno alle spalle il servizio militare (la leva obbligatoria, ndr), ma nessuno ha fatto il mercenario prima d’ora. Tra noi, ci sono persone con esperienza di combattimento, ma non sono tanti. Quelli già formati condividono la loro esperienza con gli altri di noi, ci addestriamo nella pratica. Non eravamo soldati prima».

Perché volete la fine del regime di Putin?
«La nostra cellula si è formata a partire da un insieme di persone che erano contro il regime di Putin già prima della guerra su vasta scala. Ciascuno di noi ha i propri conti da saldare con questo regime. Ci sono persone di opinioni diverse, siamo per lo più di destra, ma tra noi ci sono anche liberali. Le opposizioni di ogni tipo in Russia sono state azzerate. Non possiamo più esprimere la nostra opinione in alcun modo, perché il dissenso è perseguibile per legge. E così, invece di protestare pacificamente, cosa che non ha portato ad alcun risultato, abbiamo deciso di imbracciare le armi. Questa è la ragione per cui siamo qui e combattiamo. Poi, molti di noi hanno anche parenti in Ucraina, il che aggiunge anche un’altra motivazione. Potremmo raccontare molto delle ragioni che ci spingono, ma in generale abbiamo un grande obiettivo: il rovesciamento del regime. E come lo vediamo noi, deve avvenire attraverso la sconfitta in guerra di Putin».

Qual è il vostro messaggio per Vladimir Putin?
«Putin per noi è un “cechista” (agente della Ceka, la polizia segreta nell’Urss, ndr) separato dalla realtà, è un dittatore. E noi capiamo bene che non ha senso trasmettergli alcun messaggio: non lo leggerà, non lo ascolterà. Quindi, gli trasmettiamo qualcos’altro, capirà bene la nostra posizione con le nostre azioni».

Fino a che punto siete disposti a spingervi? I sabotaggi nelle regioni russe continueranno?
«Certamente! Fino a che punto siamo disposti ad arrivare dipenderà dalle risorse che avremo a disposizione. Per ora, non ne abbiamo moltissime, ma siamo riusciti a fare deragliare un treno, abbiamo distrutto una decina di binari ferroviari e spero che continueremo col sabotaggio dei treni. Abbiamo anche fatto saltare alcune sottostazioni elettriche e diversi uffici di registrazione e arruolamento militare. Il nostro lavoro va avanti».

Cosa avete pensato quando la Russia ha invaso l’Ucraina?
«All’inizio, ovviamente, siamo rimasti choccati. Non era possibile che ciò potesse accadere, e molti di noi sono usciti per protestare con cartelli «No alla guerra». Ma non sono stati “coronati dal successo”, diciamo così. Essì, molti di noi, anzi quasi tutti, sono stati puniti con sanzioni amministrative, multe, qualcuno ha ricevuto anche denunce penali. E allora ci è parso chiaro che fosse necessario passare dalle parole ai fatti, cosa che è accaduta, come potete vedere».

Secondo voi, quanto durerà la guerra?
«È difficile da prevedere questo. Ad essere onesti, abbiamo l’impressione che la guerra potrebbe trascinarsi a lungo, perché la riserva di mobilitazione in Russia è ampia e non abbiamo speranza di poter aizzare il popolo alla rivolta. Il nostro popolo russo è abbastanza inerte su questo fronte, nessuno si preoccupa particolarmente per ciò che sta accadendo a livello di politica internazionale».

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