La tattica elusiva di Elly Schlein

di Stefano Folli

Da un paio di giorni alcuni commentatori tutt’altro che ostili al centrosinistra (in primo luogo Alessandro De Angelis su Huffington ma anche Mario Lavia su linkiesta) si interrogano stupiti circa l’assenza dalla scena di Elly Schlein.

In Italia sta accadendo quasi tutto quello che poteva accadere, ma la leader dell’opposizione sembra afona; o per meglio dire, pare scomparsa dall’epicentro dei problemi, salvo un intervento a Piazza Pulita.

Si tratti dell’alluvione in Emilia-Romagna con il caso Bonaccini – commissario sì o no – ovvero delle critiche europee all’Italia per un Pnrr in affanno, oppure ancora delle nomine alla Rai, il nuovo Pd – al di là di qualche giudizio spot – dimostra uno strano modo di concepire il suo ruolo di opposizione.

È mancata anche la capacità di inquadrare gli incidenti al Salone del Libro di Torino: bene aver speso qualche parola a favore del direttore Nicola Lagioia, molto meno bene avere giustificato l’intolleranza verso la ministra Roccella.

E non sono solo gli osservatori ad aver colto queste incongruenze. Anche all’interno del partito si avvertono perplessità varie e si diffondono interrogativi senza risposta. Ci si attendeva un passo diverso dopo le prime settimane di doveroso apprendistato.

È comprensibile che la leader non voglia farsi rappresentare da altri volti, a parte raramente la vice-presidente Chiara Gribaudo. Ed è altrettanto logico che i vecchi dirigenti del Pd, sconfessati ed emarginati, anche quelli che l’avevano appoggiata nella scalata, siano poco inclini a darsi da fare a sostegno della neo segretaria.

Ma forse c’è di più. La linea politica radicalizzata, quasi una variante dei Cinque Stelle, ha bisogno di essere sostenuta con idee, fantasia e un particolare dinamismo. Altrimenti, una volta esaurita la novità, si disperde in un manierismo fumoso, diventa una mera collezione di slogan per le tv e i giornali. Che a loro volta finiscono per stancarsi.

Finora Elly Schlein ha tenuto una posizione abbastanza netta, benché forse poco convinta, solo sull’Ucraina. E c’è da immaginare che su questo punto cruciale non sia mancato il consiglio del Quirinale. Per il resto non c’è granché, soprattutto a pochi giorni dal secondo turno delle amministrative.

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