Massacri e conquiste: così Prigozhin si è guadagnato la fiducia di Putin (e si permette di chiamarlo «nonnetto»)


Sempre di Prigozhin l’idea di mettere su a San Pietroburgo la cosiddetta fabbrica dei troll. Un edificio nel quale lavoravano decine di esperti informatici impiegati a diffondere notizie false e a orientare in un certo modo i dibattiti internet allo scopo di influenzare le elezioni americane del 2016. Un uomo prezioso, anche se difficile da tenere al guinzaglio, tanto che nella capitale russa c’è chi ipotizza che Prigozhin possa avere ambizioni politiche, magari in contrasto con quelle dello stesso Putin.

Preoccupazione che però il presidente non sembra nutrire, sicuro della sua strategia di lungo corso basata sul mettere una contro l’altra le fazioni che lo circondano. I due si erano conosciuti in un ristorante della città baltica quando nel 2000 il neopresidente giunse nel locale di Prigozhin (un battello galleggiante sulla Neva) assieme all’allora premier giapponese Yoshiro Mori. Fu colui che da allora è noto come «il cuoco di Putin» a servire personalmente i due illustri ospiti.

Lo Zar apprezzò e permise al ristoratore di arricchirsi facendogli assegnare le forniture alimentari per vari apparati statali, comprese le Forze armate.

E dire che Evgenij Viktorovich Prigozhin non aveva certo iniziato bene la sua vita da adulto nell’allora Leningrado. Nel 1979, a 18 anni appena compiuti, ebbe la sua prima condanna con la condizionale per furto. Due anni dopo si prese dodici anni per rapina e furto con scasso. Uscì dal carcere solamente nel 1990, poco prima dello scioglimento dell’Urss. La sua mente ribelle e abituata a pensare in maniera non convenzionale lo portò rapidamente al successo in quel periodo estremamente turbolento. Iniziò a vendere hot dog con un carrello piazzato sotto casa dei genitori e il biznes (come si diceva allora) andò talmente bene che la madre «non riusciva a contare i pacchi di rubli che si accumulavano», come ha raccontato lui stesso.

Poi un negozio di alimentari; quindi una catena di supermercati e i primi casinò
della città che era appena tornata a chiamarsi San Pietroburgo. Fino all’incontro con Putin nel suo ristorante d’élite.

CORRIERE.IT

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