Migranti, prove di disgelo tra Meloni e Macron: “Lavoreremo insieme”

Luigi Frasca

Giorgia Meloni ieri è sbarcata a Reykjavik, in Islanda, per partecipare al quarto vertice dei Capi di Stato e di governo del Consiglio d’Europa. Il vertice è stato l’occasione anche per un faccia a faccia con il presidente francese Emmanuel Macron dopo le polemiche sui migranti delle ultime settimane. Alcune fonti vicine al presidente del Consiglio hanno raccontato un «clima di grande cordialità tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni». Il presidente francese «ha salutato il capo del governo italiano prima dell’avvio del vertice». Poi ai giornalisti che gli chiedevano di un possibile confronto con la premier ha risposto: «Lavoreremo insieme. Penso che ci sarà l’occasione di incontrarci e di scambiare i nostri punti di vista. Bisogna lavorare con tutti gli Stati membri dell’Ue, è la mia filosofia, spero di poter cooperare con il governo italiano. Non si può lasciare l’Italia sola davanti al problema migranti. Serve la solidarietà europea e l’efficacia delle nostre frontiere comuni».

A Reykjavik ovviamente si è parlato anche di Ucraina. L’Europa è unita «nel difendere valori che in Ucraina sono stati colpiti» e non accetterà il «diritto del più forte» ha dichiarato Meloni. Il presidente del governo italiano ha ribadito che l’Europa è «un’istituzione che nasce per difendere i diritti fondamentali dell’uomo», e con la creazione del «registro dei danni provocati dalla guerra» arriva un «segnale concreto» e «importante». L’immagine che ne viene fuori, è la sintesi della presidente del Consiglio, è quella «di un’Europa unita che agisce concretamente. Quei valori che noi abbiamo a lungo dato per scontati e che questa istituzione difende, in Europa sono sotto attacco con la guerra di aggressione russa all’Ucraina».

Un’esigenza che fa passare in secondo piano anche le polemiche con la Francia sui migranti. «Sia qui che al G7 in Giappone tutti parleremo con tutti. A me interessano le questioni che in questo momento la comunità internazionale deve avere la forza di ribadire senza tentennare. Il resto sono questioni interne e le lasciamo alla politica interna».

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