Giubilei, il consigliere di Sangiuliano che sponsorizza il filosofo pro Putin

Ilario Lombardo

ROMA. È consigliere, lodato e magnificato pubblicamente, del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. È presidente di fondazioni e associazioni che sognano il trionfo di un nuovo nazionalismo conservatore, che sia anche la rivincita di una vagheggiata purezza italica. È opinionista fisso nelle trasmissioni Rai perché il suo nome è da tempo nella short list degli ospiti graditi a Giorgia Meloni e agli uomini della premier a Viale Mazzini (anche se il suo impiego con il governo consiglierebbe di aggiornare i sottopancia tv per specificarne l’affiliazione e forse un certo conflitto di interessi, intellettualmente parlando). È fan della democratura di Viktor Orbán. È l’uomo delle relazioni internazionali che guarda con nostalgia alla destra sciamana di Donald Trump. Tutto a soli 31 anni. E non è finita. Perché Francesco Giubilei è soprattutto un animatore culturale, editore della Giubilei Regnani, e il 21 maggio al Salone del Libro di Torino presenterà il volume, che edita lui stesso, di Alain De Benoist, «La scomparsa dell’identità». L’autore, presente al Salone, merita una parentesi personale, significativa per capire sbandate, antiche passioni, radici, tradimenti e inversioni di rotta di quell’universo della destra italiana che è cresciuta con Meloni e il suo progetto politico.

Di quel brodo culturale in cui hanno galleggiato tanti, De Benoist è punto di riferimento. È il filosofo della Nouvelle Droite, la destra francese identitaria, pensatore controverso affascinato dai venti dell’Est, dallo spiritualismo di Aleksander Dugin, l’ideologo panrusso di Vladimir Putin. Con Dugin, De Benoist ha scritto anni fa un libro, «Eurasia, Vladimir Putin e la Grande Russia». L’invasione dell’Ucraina era ancora un’aspirazione. Si combatteva in Donbass, per la Crimea e l’autocrate del Cremlino era osannato come una star dalle destre estreme europee. In Italia, Matteo Salvini indossava magliette con la faccia del presidente russo e Giorgia Meloni, tra le prime a complimentarsi per la sua quarta elezione vinta, lo esaltava come difensore dei valori europei e cristiani. Nel libro-conversazione con De Benoist, Dugin già dava un assaggio dei piani di Putin: «In Ucraina noi combattiamo il regime “arancione” delle marionette americane (…) siamo ostili allo Stato nazione ucraino perché è uno stato atlantista e filo-americano, parte del “sistema per uccidere i popoli”». Il pensiero di De Benoist è una critica ossessiva al liberalismo, al capitalismo e al tempio dove si celebrano questi due culti moderni: gli Stati Uniti. «L’americanizzazione del mondo e la mondializzazione mettono in pericolo l’identità dei popoli molto più dell’immigrazione».

Ad appena due mesi dall’invasione dell’Ucraina, nel pieno della mattanza di Putin, mentre l’Occidente si sta attrezzando per una risposta collettiva e compatta, De Benoist rilascia queste dichiarazioni a Breizh-Info, sito dell’estrema destra francese vicina a Éric Zemmour. Gli chiedono chi pagherà le conseguenze della guerra e la sua risposta è: «Io e te, ovviamente, non gli ucraini! Le squallide sanzioni, di portata senza precedenti, decretate contro la Russia per soddisfare le richieste americane, peggioreranno le cose». Nel mondo secondo volontà e rappresentazione di Meloni è in atto un cortocircuito tra vecchi e nuovi amori. Per esempio, Giubilei è frequentatore assiduo del governo ungherese, invitato al Cpac di Budapest, l’evento dei trumpiani europei, che combattono i migranti e diritti Lgbt e hanno come nume Orbán. Con lui c’era anche Vincenzo Sofo, europarlamentare di FdI, marito di Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen e vice di Zemmour (ancora la destra francese). Meloni sembra invece aver dimenticato l’amico ungherese, che un tempo invitava ovunque e portava ad esempio.

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