Il quartiere Coppedè, da un secolo la fiaba architettonica di Roma

È una specie di grande salotto della Capitale dove ville e palazzi sontuosi sembrano galleggiare in una dimensione senza tempo, tra fontane, affreschi e sculture

di Luca Bergamin

Il quartiere Coppedè, da un secolo la fiaba architettonica di Roma

È nascosto, ma non per la volontà di non farsi trovare, tra la Chiesa di Santa Maria Addolorata a Piazza Buenos Aires e il Liceo Ginnasio Giulio Cesare cantato da Antonello Venditti. I pavoni sulla facciata ricoperta di mosaici della parrocchia cara alla comunità argentina capitolina costituiscono i primi indizi della simbologia zoomorfa che rende curioso e spettacolare il quartiere Coppedè, oltre che unico visto che questo borgo che si sviluppa coi suoi teatrali villini intorno a Piazza Mincio è l’unico ad avere preso il nome da quello dell’architetto così eccentrico da creare uno stile proprio, appunto il Coppedè da Luigi, l’esponente più eclettico della omonima Casa Artistica attiva in Firenze. shadow carousel

Più o meno da un secolo è l’arco di via Dora (la toponomastica qui è tutta fluviale e se vi si giunge in un giorno di pioggia, come accade spesso nella primavera romana, ci si sente come trasportati da una all’altra delle oltre quaranta dimore liberty) dal quale pende un lampadario in ferro battuto con pendagli a forma di scudetti sui quali sono scolpiti cavallucci marini, a dare la prima impressione che si sta entrando in un grande salotto all’aria aperta di pietra e mattoni. Sull’altra facciata, invece, si incontrano le prime api scolpite, e ci si imbatte subito dopo nei mascheroni, nei musi leonini, nelle chiocciole. Anche gli atri dei palazzi sono sontuosi, eleganti. In quello al civico due, ad esempio, appena dopo il Palazzo degli Ambasciatori, tra gli affreschi compaiono leoni veneziani, amorini e putti baccanti, proprio laddove si trova la portineria in cui trascorre le sue giornate da 17 anni Marco Amore: «Lavorare qui significa entrare nel vissuto delle persone che abitano da generazioni questi luoghi, raccoglierne le confidenze, cercare di soddisfarne le esigenze. I miei condomini, in particolare, hanno votato affinché io indossi divisa coi galloni, a voler testimoniare come qui si tenga molto all’immagine e allo stile, quasi fosse un proiezione di quello che si vede all’esterno. Certo, la signorilità non è la stessa del passato, ci sono tanti proprietari che preferiscono affittare gli appartamenti».

La figlia dell’Alfa Romeo e il Piper di Patty Pravo

Nei primi anni successivi al completamento del quartiere, qui abitavano numerosi gerarchi fascisti, e anche Giulietta, figlia dell’Ingegnere Nicola Romeo, inventore del marchio automobilistico Alfa Romeo, scelse di vivere in questa scenografia architettonica fantasmagorica, in cui fanno capolino atmosfere prese dal film muto «Cabiria», mentre negli anni ’80 sarebbe stato Dario Argento a girarvi molte scene delle sue pellicole più note. Il Piper Club, che Patty Pravo face conoscere in tutta Italia, è ancora al proprio posto, nella strada parallela a Via Dora coi grossi fiori di cartapesta colorati ad adornare la facciata. Basta attraversare la strada, per entrare nelle fantasie di Gino Coppedè che tra il Palazzo degli Ambasciatori, quello del Ragno, i Villini delle Fate immaginò e fece realizzare — nella sua bottega si conoscevano alla perfezioni le arti dell’incisione, scultura, decorazione su ferro e legno — affreschi di velieri dalle vele gonfiate dal vento, sculture di draghi, grifoni, meduse, pesci, a rendere così vivide e plastiche le forme dei palazzi ispirati allo stile Gotico, flirtando volentieri col Barocco e il Manierismo. Michael Kelly, artista australiano, è venuto da Sydney apposta per disegnare sui suoi album queste figure animali, perciò ogni giorno da due mesi si siede di fronte alla Fontana delle Rane, l’autentico ombelico scultoreo del Quartiere Coppedè in Piazza Mincio, scoprendo ogni volta un dettaglio nuovo.

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