Soldi in banca, come investire e difendersi dall’inflazione: dai conti deposito ai titoli di Stato (brevi)

Come scegliere il veicolo giusto in attesa di investire

Per la gestione della liquidità, in un’ottica d’investimento o meglio di parcheggio strategico in attesa di impiegare il proprio denaro in attività con un orizzonte temporale più lungo, i fondi monetari sono lo strumento più efficiente, sempre che l’obiettivo sia mantenere un posizionamento difensivo su una parte più o meno ampia del portafoglio, in attesa che si presentino nuove opportunità da cogliere sui mercati: qui, infatti, i tempi per lo switch, cioè per il disinvestimento dal fondo monetario e il successivo reinvestimento in altre attività finanziarie, sono decisamente più celeri rispetto a chi deve attingere al conto deposito come serbatoio di liquidità. Anche in questo caso, però, occorre operare una distinzione: «Ci sono fondi monetari che investono in titoli governativi a breve termine ed altri che invece hanno in pancia operazioni di pronti contro termine (contratti in cui il venditore cede a pronti, in cambio di denaro, uno o più titoli, impegnandosi a riacquistarli in data futura ad un prezzo prestabilito. I primi strumenti sono esposti a piccole oscillazioni legate al rischio tasso e al rischio Paese. I secondi no. Per distinguerli, è sufficiente leggere la descrizione del prodotto d’investimento», ricorda Rocco Probo, analista di Consultique.
Quanto possono rendere oggi i fondi monetari? «Si possono fare delle ipotesi, soprattutto per i prodotti che si basano su pronti contro termine, perché riflettono il tasso di deposito presso la Bce, che oggi è al 3%. Se questo parametro restasse stabile per i prossimi dodici mesi, equivarrebbe al ritorno implicito lordo del fondo. In caso di aumento dei tassi, invece, crescerebbe anche il rendimento, almeno per la quota parte di anno che farà i conti con i nuovi tassi di riferimento». Viceversa, un eventuale taglio del costo del denaro, che oggi appare poco probabile in tempi molto brevi, porterebbe a un ridimensionamento del ritorno atteso.

Un cuscino del 3% per le scadenze entro 12 mesi

I titoli governativi a breve termine sono un altro classico strumento di remunerazione della liquidità. Complice la stretta monetaria della Bce, oggi i Btp con una scadenza residua tra tre e 12 mesi rendono poco meno del 3%. Si possono prendere in esame anche i Cct, titoli del Tesoro a tasso variabile, che permettono di inseguire la dinamica dei tassi, perché sono indicizzati all’Euribor (tasso di prestito interbancario) a 6 mesi.«Oggi è molto difficile stabilire quale sia la migliore opzione tra Btp e Cct. Se si vuole avere una protezione contro l’inflazione, semmai, vale la pena considerare i Btp Italia, che sono agganciati alla dinamica dei prezzi al consumo», dice Rocco Probo, analista di Consultique. «A conti fatti, il tasso di breakeven, che misura la differenza tra il tasso nominale del Btp e quello del titolo indicizzato all’inflazione, è dell’1,85% a dodici mesi. Significa che con un’inflazione pari al 2% o superiore, il Btp Italia offrirebbe un ritorno più attraente, a parità di scadenza».
C’è chi guarda anche ai titoli del Tesoro americano, che oggi offrono tassi più elevati, attorno al 4,3% su scadenza tra marzo e aprile del 2024. È la conseguenza di una stretta monetaria iniziata prima negli Stati Uniti, e più e intensa, almeno per ora. Qui, però, occorre prendere in considerazione anche le oscillazioni dei cambi: un eventuale deprezzamento del biglietto verde rispetto alla moneta unica, infatti, avrebbe un impatto negativo sul ritorno dell’investimento fatto nella valuta degli Stati Uniti. «La situazione odierna rimane profondamente incerta: è sempre difficile prevedere i movimenti delle valute — dice Probo, — ma oggi è particolarmente complicato, perché non è ancora chiaro quale sia l’impatto della crisi delle banche sulle due sponde dell’Atlantico, e di conseguenza, resta incerta anche la traiettoria di politica monetaria».

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